Accadde oggi: 17 ottobre 1968, la protesta per i diritti civili alle Olimpiadi di Città del Messico

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Un gesto che ha fatto parlare, discutere, agitare gli animi, emozionare, scandalizzare e che non fu mai dimenticato. Due pugni chiusi nel cielo di Città del Messico, sede della diciannovesima Olimpiade dell’era moderna, in una sera ottobrina molto calda. Le gare si alternano alle premiazioni. A salire sul podio tocca ai tre vincitori dei 200 metri maschili che si sono corsi il giorno prima. Due neri statunitensi, giunti primo e terzo, e un bianco australiano, arrivato secondo. Il vincitore si chiama Thomas Smith, conosciuto come Tommie e il giorno prima è stato il primo uomo nella storia a correre i 200 piani in meno di venti secondi. Un record che durerà ben 11 anni, quando nel 1979 verrà battuto da Pietro Mennea con i suoi 19″72. I tre ricevono le medaglie, si girano in attesa dell’Inno nazionale USA. Ma qualcosa di inaspettato accade avanti agli occhi di milioni di persone. Tommie e l’altro vincitore di colore, John Carlos, hanno ognuno una mano fasciata da un guanto nero, e la alzano verso il cielo. Sono a piedi scalzi. E il bianco Peter Norman ha una spilla sul petto: è dell’Olympic project for human rights, organizzazione ideata da atleti neri per boicottare i giochi olimpici.

Negli Stati Uniti siamo nel pieno delle battaglie per i diritti civili, Martin Luther King e Robert Kennedy sono appena stati uccisi. Gli atleti di colore si sentono come strumenti in mano al potere bianco.
Smith e Carlos decidono insieme di inscenare questa clamorosa protesta. Piedi scalzi per simboleggiare la povertà della propria gente. Guanto nero simbolo delle battaglie del potere nero, il Black Power, slogan politico delle rivendicazioni razziali di quegli anni. Carlos alza il pugno sinistro, ma non sbaglia il saluto tipico dei Black Power che si fa con il pugno destro teso. Semplicemente ha dimenticato in hotel i suoi guanti ed è Peter Norman a suggerire di utilizzare un guanto ciascuno. Peter sembra un pesce fuor d’acqua in questo momento che sta diventando il più conosciuto di tutta la storia delle Olimpiadi. Ma così non è. Non tutti si accorgono immediatamente che lui in segno di solidarietà si è appuntato la spilla; Norman, infatti, è membro dell’Esercito della salvezza e a Melbourne, dove è nato e cresciuto, ha visto con i propri occhi la discriminazione razziale nei confronti degli aborigeni.
Il messaggio è deflagrante. I vertici del Comitato olimpico espellono immediatamente Tommie e John dalle gare con la motivazione che nessun messaggio politico può essere veicolato durante le gare. Inizierà per loro un lungo periodo di oblio, così come per Peter Norman, cui non è perdonata la solidarietàdella protesta con gli altri atleti. Non verranno più convocati dalle rispettive squadra nazionali, nonostante siano fra i migliori atleti.
Resta una delle immagini simbolo della battaglia per i diritti civili. E tutto il mondo si interrogherà e dovrà imbattersi sui motivi che hanno spinto i tre campioni a quel gesto.









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