Accadde oggi: 12 febbraio 1994, “L’Urlo” di Edvard Munch rubato in soli 50 secondi

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Quattro uomini entrarono da una finestra nella National Gallery Norway a Oslo e rubarono il dipinto simbolo di Edvard MunchL’urlo. Era il 12 febbraio 1994 e la Galleria fu derubata del suo dipinto più famoso e prezioso. Era la versione a pastello del 1893, una delle varie in circolazione. I ladri fecero irruzione nel museo attraverso una finestra del secondo piano e l’intera sequenza della rapina fu ripresa da una telecamera e trasmessa su un monitor alla sorveglianza, anche se la guardia di turno non notò nulla. I ladri impiegarono circa 50 secondi per portare a termine il furto e allontanandosi lasciarono una cartolina sul pavimento della galleria con la scritta “Grazie per la scarsa sicurezza”. Alcuni giorni dopo, il furto venne rivendicato da un gruppo antiabortista che si disse pronto a restituire il dipinto a condizione che la televisione norvegese trasmettesse un documentario sugli effetti dell’interruzione della gravidanza dal titolo: L’urlo silenzioso. Il prezioso quadro venne recuperato all’inizio di maggio grazie all’intervento dell’agente Charles Hill di Scotland Yard che con un collega si era finto intenzionato all’acquisto per una cifra pari a 300 mila euro odierni e raggiunto i ladri in un albergo di Åsgårdstrand.

L’urlo rappresenta un sentiero in salita su cui si sta consumando un urlo lancinante, acuto, che eleva la scena a simbolo del dramma collettivo dell’angoscia, del dolore e della paura. Il soggetto urlante, terrorizzato, per emettere il grido si comprime la testa con le mani. L’urlo presenta un forte effetto espressivo, ottenuto mediante un’associazione di colori complementari (rosso-verde, azzurro-arancio) in modo da mettere in risalto il cromatismo del dipinto. Vi è un netto contrasto anche fra le linee, geometriche e curvilinee, creando così uno stato di forte tensione emotiva. Nel 2004 alcuni ricercatori supposero che il cielo color rosso sangue del quadro fosse in realtà una riproduzione accurata del cielo norvegese dopo l’eruzione del Krakatoa del 1883, avvenuta dieci anni prima, ma l’ipotesi è priva di validi fondamenti. L’artista, tra il 1893 e il 1910, realizzò altre tre versioni del medesimo soggetto









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