
Anche conosciuta come ‘Mani pulite’, l’inchiesta portò alla caduta della Prima Repubblica
Era un lunedì il 17 febbraio 1992, definito addirittura lunedì nero, e alle 17:30 circa, con l’arresto di Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio, cominciò l’epopea giudiziaria più famosa d’Italia, conosciuta come Tangentopoli o Mani Pulite, che portò alla caduta della Prima Repubblica.
Chiesa venne arrestato per aver riscosso una mazzetta da quattordici milioni di Lire consegnata dall’imprenditore Luca Magni, operazione organizzata dall’allora sostituto procuratore e simbolo dell’inchiesta Antonio Di Pietro, con la collaborazione del capitano dei Carabinieri, Roberto Zuliani. Ancora oggi, l’arresto viene ricordato come la pietra fondante di una delle inchieste giudiziarie sul finanziamento illecito ai partiti che maggiormente scosse il panorama politico e mediatico italiano.
Una delle immagini simbolo della fine di quel sistema di potere è una folla molto arrabbiata che, all’uscita di Bettino Craxi dall’Hotel Raphael di Roma, si scaglia su di lui lanciandogli monetine, poche ore dopo il voto contrario della Camera dei Deputati all’autorizzazione a procedere per reati di corruzione.
Con l’inizio del 1993, l’inchiesta Mani Pulite divenne sempre più corposa e tantissimi altri avvisi di garanzia raggiunsero esponenti politici del Partito Socialista Italiano, che venne inoltre perquisito, e imprenditori italiani. Craxi urlò al golpe, ma pochi giorni dopo lasciò la segreteria del Psi. Lo stesso fecero Ciriaco De Mita di Democrazia Cristiana, Giorgio La Malfa del Partito Repubblicano e Renato Altissimo del Partito Liberale. All’improvviso, i principali partiti italiani si trovarono a dover cambiare dirigenza, a sostituire leader e segretari, a sciogliere partiti, nel caso della DC, e ad affrontare numerosi interrogatori e procedimenti giudiziari con un ovvio calo di consenso politico. L’inchiesta di Mani Pulite terminò nel 1994, con le dimissioni di Antonio Di Pietro dalla magistratura.