
Un testamento redatto poco prima del giorno di morte lascia supporre che l’artista sentisse ormai di essere prossimo alla fine
Il 2 maggio 1519 ad Amboise, in Francia, sulle rive della Loira, morì Leonardo da Vinci, uno dei più grandi geni dell’umanità, o forse il genio per antonomasia. Vasari ci dice che Francesco I di Francia, quando seppe della sua morte, scoppiò in un pianto sconsolato: da tre anni l’aveva nominato “primo pittore, architetto e ingegnere del re”.
Fu un evento ricco di antefatti, racconti e leggende, come ben ci si può immaginare per una figura complessa e geniale come quella di Leonardo il quale aveva redatto un testamento indicando ai posteri le sue volontà per quella che sarebbe dovuta essere la sua tomba. Un testamento redatto poco prima del giorno di morte, il che lascia supporre che Leonardo sentiva ormai di essere prossimo alla fine.
Non si sa se soffrisse di qualche malattia: pare negli ultimi tempi la mano destra del maestro fosse paralizzata, ma le cause di questa paresi non si conoscono.
Al momento della stesura del testamento dispose anche che i suoi preziosi manoscritti, con la caratteristica grafia a specchio, andassero all’allievo Francesco Melzi; che un giardino di sua proprietà fuori Milano andasse al domestico Battista de Vilanis e al suo allievo Salaì (Gian Giacomo Caprotti); alla domestica lasciò qualche soldo e un mantello foderato di pelliccia.
Le sue volontà in merito alla sepoltura furono altrettanto chiare: una volta morto voleva essere seppellito nella cappella di Saint-Florentin ad Amboise. Ma la distruzione della chiesa, negli anni a seguire, portò a trasferire i presunti resti di Leonardo nella cappella di Saint-Hubert nel Castello di Amboise, dove sono tutt’oggi.