La costituzione era considerata un manuale didattico per i giovani del primo anno di studio del diritto
Giustiniano, uomo dalla forte personalità, nella sua carriera si avvalse sempre di importanti collaboratori, come Giovanni di Cappadocia, Triboniano, Belisario e Narsete. L’imperatore ebbe come principio ultimo quello di riconquistare l’Occidente caduto nelle mani dei barbari, riportare la pace e procedere a una raccolta del diritto romano. Quest’ultimo obiettivo lo conseguì in ogni dettaglio, e grazie a questo impegno la sua figura venne considerata come quella del legislatore per antonomasia. Una compilazione graduale, e cominciò in tale intento già nel 528, emanando una costituzione, nota dalle parole iniziali come Haec quae necessaria, in cui disponeva che una commissione, composta da funzionari ed esperti di diritto, provvedesse alla compilazione di un codex, raccolta di leggi imperiali da attuarsi con i materiali dei codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodosiano, integrati con la successiva legislazione imperiale. Giustiniano intendeva, con il codice, ridurre la prolixitas litium, la lunghezza delle cause, manipolando e tagliando i testi originari, aggiungendo o cambiando le parole, raggruppando in una sola disposizione le norme disperse in vari provvedimenti. Il codice entrò in vigore il 7 aprile 529 con la legge detta Summa rei publicae.
La costituzione detta Imperatoriam, del 21 novembre 533, era diretta a quella “gioventù desiderosa di apprendere le leggi”. Suddivisa in quattro libri, abbracciava sia il diritto e il processo privato sia la materia penale. Il testo era considerato un manuale didattico per i giovani del primo anno di studio del diritto, desiderosi di apprendere l’introduzione generale della materia giuridica.
Giornalista