Accadde oggi: 24 settembre 1991, il debutto di Nevermind dei Nirvana

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Una pietra miliare, certamente, nell’epoca del nuovo rock, quello degli inizi anni Novanta, quando i Nirvana diedero un sonoro schiaffo al metal, riprendendo quel sound vibrante, a tratti indecifrabile, distorto, caotico del punk, e rivoluzionandolo sotto il concetto di grunge. Un gruppo agli esordi, nonostante un album iniziale avesse attirato la maggior parte dei seguaci del nuovo genere musicale, e la maggior parte dei fautori di un sound più nuovo. Il precedente Bleach aveva ancora tratti molto duri, spigolosi, di un suono tipicamente hard rock, con i primi accenni di quell’innovativa acustica che i ragazzi di Seattle riuscirono a portare. Il 24 settembre 1991 vi fu il debutto, certamente vincente, dell’album che ha consacrato la band grunge per eccellenza. Uscì contemporaneamente a un altro album vincente, Blood Sugar Sex Magik dei red Hot Chili Peppers, una data che, musicalmente parlando, ha regalato più di un’emozione. Eppure, quello dei Nirvana fu il successo che si impose più di tutti. Suoni più melodici per i giovani di Seattle, forse, ma certamente devastanti che proseguivano sull’onda delle emozioni e di un riscatto sonoro mai avuto prima. Un album che ha cambiato per sempre il sound di un’intera generazione e da quel momento la strada musicale internazionale ha preso un’altra direzione, percorrendo la scia di brani dal successo senza tempo. È l’album di Smells like teen spirit, di Come as you are, di Polly, di In bloom, di Lithium e altri sette brani che hanno segnato un’epoca, spaziando dal punk al rock passando per semi ballad vicine alle importanti composizioni soul degli anni Sessanta.

L’album vendette circa 30 milioni di copie e l’immagine della sua copertina fece in poco tempo il giro del mondo: un bambino, il piccolo Spencer Helden, dell’età di quattro mesi che nuota sott’acqua, in una piscina, nel tentativo di afferrare una banconota da un dollaro attaccata a un’esca. Una foto di Kirk Weddle venne pagata alla famiglia Elden 150 dollari: nessuna poteva immaginare che sarebbe diventate una delle immagini simbolo del grunge, del rock, forse della musica. Sono passati quasi trent’anni da quel giorno di settembre e dire che Nevermind sia entrato nella storia e nella leggenda non è un azzardo. Ancora oggi, sono migliaia i teenager che scoprono il rock alternativo grazie a questo trio di Seattle capitanato dalla voce sanguinante di Kurt Cobain, e questo è un dato di fatto. Su dodici canzoni che compongono la tracklist del disco almeno la metà possono essere riconosciute da qualsiasi amante del genere, e anche questo è certo.

Nevermind fu il primo album dei Nirvana stampato per la Geffen dopo i buoni riscontri del debutto Bleach: l’obiettivo era vendere 250mila copie, ma si andò ben oltre. Per capirci, nel gennaio del 1992 il disco scalzò dalla prima posizione delle classifiche di vendita americane Dangerous di Michael Jackson. Dave Grohl era alle battute iniziali, alla batteria, con i Nirvana, proveniva dal gruppo punk-hardcore Scream. La nascita dell’album fu piuttosto tormentata: Cobain e soci volevano assolutamente che a produrre il disco fosse Butch Vig, uno che fino ad allora aveva prodotto solo band di nicchia, a parte Gish, l’album di debutto degli Smashing Pumpkins. Quindi registrarono prima con lui nel suo studio nel Wisconsin, per poi finire i lavori tra il mese di maggio e giugno del 1991 ai Sound City Studios, nei dintorni di Los Angeles, con il mixaggio finale di Andy Wallace. Smells like teen spirits, con la sua violenza punk, il riff di chitarra, la struttura pop e il suo testo rappresenta il malessere neanche tanto celato di Kurt Cobain e di milioni di giovani che come lui si sentivano ultimi, arrabbiatissimi e senza futuro. “Mi sento stupido e contagioso. Un mulatto. Un albino. Una zanzara. La mia libidine. Un rifiuto”. Fu il primo singolo e fu l’inizio del fenomeno a livello planetario, il grunge sbarcò su Mtv, i giovani iniziarono a indossare jeans strappati e camicie di flanella. E il mito di Nevermind è ancora vivo.









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