
Fondatore dell’oratorio, radunò attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, ma anche di giovani provenienti da famiglie facoltose, li aiutò ad avvicinarsi alle celebrazioni liturgiche e li fece divertire, cantando e giocando
La notte del 26 maggio 1595, colpito da una grave emorragia, Filippo Neri morì. Sin da piccolo lo chiamavano “il Pippo buono”, per il suo carattere particolarmente gioviale e generoso, allegro, altruista e sempre di buon umore, anche se non era molto devoto alla Chiesa. Nutriva una singolare tenerezza verso il prossimo, sin da bambino.
All’età di 36 anni fu consacrato sacerdote ed entrò a far parte della comunità dei preti della chiesa di San Girolamo della Carità. Qui radunò attorno a sé un gruppo di ragazzi di strada, ma anche di giovani provenienti da famiglie facoltose, li aiutò ad avvicinarsi alle celebrazioni liturgiche e li fece divertire, cantando e giocando, che fossero maschi o femmine poco importava. E si divertivano davvero con lui, perché lui sapeva far divertire loro: aveva un carattere allegro e burlone, tanto da essere chiamato il “santo della gioia” o il “giullare di Dio”.
Colto, creativo, amava accompagnare i propri discorsi con un pizzico di buon umore e ironia. Confessava e si rapportava allo stesso modo sia poveri che ricchi. Le penitenze che dava erano sempre singolari, in modo che, chi aveva peccato, non lo avrebbe rifatto.
La sua Congregazione si differenziò da tutti gli altri ordini religiosi ed era una compagnia di persone appartenenti a stati diversi, come laici, preti, poveri, nobili, e legati da una stretta amicizia.