
Un documento che sanciva l’addio all’odiata madrepatria, eliminando ogni vincolo di dipendenza politica dalla Gran Bretagna
Il 4 luglio 1776 il Congresso continentale, ossia l’assemblea dei 56 delegati provenienti dalle 13 colonie britanniche in terra d’America (New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Georgia) adottò la Dichiarazione di Indipendenza, un documento che sanciva l’addio all’odiata madrepatria, eliminando ogni vincolo di dipendenza politica dalla Gran Bretagna che faceva sentire sfruttate le colonie americane, le quali non potevano disporre in autonomia di quello che producevano. Il motto di queste grida ribelli era “no taxation without representation“, nessuna tassazione senza avere una rappresentanza politica nel parlamento britannico. Una richiesta che, come prevedibile, portò a un no e, di conseguenza, alla rivolta delle colonie contro la madrepatria già dal 1773.
L’episodio più noto è certamente quello del Boston Tea Party, in cui un considerevole gruppo di coloni mascherati da indiani assaltò alcune navi della Compagnia delle Indie cariche di tè a Boston e ne gettò le merci in mare per protestare contro le condizioni di favore di cui godevano i mercanti inglesi. Una guerra che andò avanti dal 1775 al 1778, in cui gli americani erano guidati da George Washington. Gli inglesi riconobbero l’autonomia statunitense nel 1783 e nel 1787 la Convenzione di Filadelfia adottò l’attuale Costituzione degli Stati Uniti.