Accadde oggi: 8 giugno 452 d.C., Attila, flagellum Dei, invade l’Italia

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Attila, il cui nome gotico che vuol dire piccolo padre, fu l’ultimo e più potente sovrano degli Unni, quel popolo guerriero e nomade di origine siberiana, che probabilmente discendeva da uno stesso ceppo dei Turchi, proveniente dall’Asia, e che giunse in Europa nel IV secolo, percorrendo il corso del Volga. Secondo Prisco di Panion era “basso di statura, con un largo torace e una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata; e aveva un naso piatto e una carnagione scura, che metteva in evidenza la sua origine”. Attila fu soprannominato flagellum Dei, il flagello di Dio, proprio per la ferocia che lo contraddistingueva, spaventatore di un mondo prevalentemente contadino, e laddove passava non sarebbe più cresciuta l’erba! il capo degli Unni assoggettò un vastissimo impero che si estendeva dall’Europa centrale al Mar Caspio, e dal Danubio al Mar Baltico, e per la prima volta riuscì a unificare la maggior parte dei popoli barbarici dell’Eurasia settentrionale, senza però dare né alle regioni, né ai popoli vere regole o leggi. Pare che fosse un superstizioso e che facesse affidamento alle profezie, lasciandosi influenzare, nelle decisioni politiche e militari, da sciamani, stregoni e indovini. Molte sono le leggende che parlano di lui come un cannibale, che raccontano addirittura che avesse mangiato i propri figli, arrostiti dalla sua stessa moglie e serviti nel miele. Il suo impero si disgregò alla sua morte. Ai suoi guerrieri promise che avrebbe fondato un regno in Europa, ottenendo dagli imperatori romani tributi ancora più ricchi di quelli che i loro antenati avevano riscosso dai Cinesi.

Dopo la celebre e sanguinosissima battaglia dei Campi Catalaunici, dove Visigoti, Franchi, Burgundi e Gallo-Celtici si allearono con i Romani contro Attila, questi, né vincitore né vinto, si ritirò, decidendo di deviare verso l’Italia. E vi arrivò l’8 giugno del 452 d.C., puntando su Trieste e distruggendo, in seguito, Aquilea. Poi puntò su Padova e, per paura, molti romani e barbari del Veneto fuggirono sulla laguna, fondando Venezia. Dopo fu la volta della presa di Milano. Dopo l’incontro con il pontefice Leone I, Attila si ritirò con il suo esercito, rinunciando di fatto a conquistare Roma. La leggenda, che nacque successivamente, racconta che furono la sacralità e le parole convincenti del pontefice a convincere Attila a rinunciare ai suoi propositi di conquista. Più probabilmente, però, a farlo recedere fu la minaccia degli eserciti dell’imperatore d’Oriente, Valentiniano III, o addirittura la  stanchezza delle truppe, le quali, in breve tempo, consumarono tutte le riserve di cibo e di foraggio che i campi potevano offrire. I soldati erano costretti a mangiare cibo scarso e andato a male e a bere l’acqua del fiume inquinata dalle bestie uccise che ivi galleggiavano, per cui si ammalarono, anche gravemente, di dissenteria. Attila, quindi, ritornò in Romania, ove l’anno seguente fu assassinato da alcuni parenti proprio la notte del matrimonio con una delle sue tante mogli, Ildico. Attila è un grande protagonista delle letterature germaniche e scandinave. L’opera più nota in cui compare come personaggio è il Nibelungenlied, il Canto dei Nibelunghi, in cui viene chiamato Etzel.









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