Immagini dal Sannio: il Triggio, quartiere medievale e stregato di Benevento

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Tra i vicoli del Triggio.
Foto di Maurizio Falocco

Benevento è stata città sannitica, romana, longobarda e pontificia. Il suo cuore medievale, conosciuto come Triggio, dal latino trivium, è considerato il vero e proprio centro pulsante della città, ed è uno dei quartieri beneventani più suggestivi e ricchi di leggende, compreso tra le mura longobarde di via Torre della Catena e il Duomo.
Quando la città fu dominata dai longobardi, per volere del duca Zottone che ne costituì un ducato che, assieme a quello di Spoleto, diede vita alla Longobardia Minor, il Triggio era considerato l’anima della nuova città medievale. La parola trivium, infatti, rappresenta una strada pubblica, un incrocio di tre strade, e il quartiere coincideva con l’area della civitas nova voluta dal duca Arechi II nel VII secolo. La “città nuova” era così appellata perché doveva distinguersi da quella vecchia, esistita all’epoca romana nel medesimo posto.
Il Triggio, sin dalle origini, era considerato un quartiere molto popoloso ma anche popolare. Un vecchio detto beneventano recita: “Chi passa p’ ‘u Triggio e nunn è criticato, ‘e triggiaiole o stanno ‘ncarcerate o stanno malate”; questo a testimonianza della popolanità della gente di una zona alla mano.

La parte cittadina medievale, proprio per la sua popolarità, è un po’ da vedersi come la culla di tutte le storie e invenzioni leggendarie, cariche di folklore, che i nonni raccontavano, e tutt’ora narrano, ai propri nipotini.
La città vecchia romana sorgeva sullo stesso posto e ne sono testimonianza dei ruderi, in parte ancora sepolti. Alcuni di questi rappresentano le antiche terme. Port’Arsa permette di accedere all’area medievale, una delle otto porte di ingresso alla città, oggi l’unica esistente. Nei pressi è l’Arco del Sacramento, un tempo ricoperto completamente di marmo, ma nel periodo medievale spogliato di ogni decorazione. Oggi ne è rimasta la struttura in pietra e, a dir la verità, tutto il quartiere presenta resti di colonne e sculture romane incastonate nelle pareti delle case, a testimonianza del grande lavoro di ristrutturazione e riqualificazione per mano dei longobardi. Il quartiere conserva buona parte della sua conformazione medievale, con stretti vicoli che si affacciano sugli edifici più antichi.

Gioiello assoluto, inglobato nel Triggio, è il Teatro Romano beneventano, antica struttura costruita dall’Imperatore Adriano e ultimato da Caracalla nelle vicinanze del Cardo maximum, inaugurato soltanto fra il 125 e il 128 da Adriano stesso, al quale venne destinata un’epigrafe dedicatoria visibile nei pressi del frontescena. La sua costruzione originale, in pianta semicircolare, poteva contenere fino a 10mila persone, forse anche 15mila, per 90 metri di diametro.
Realizzato in opus caementicium, con paramenti in blocchi di pietra calcarea e laterizio, in origine era costituito da 25 arcate in tre ordini, di cui si oggi si conservano solo il primo e una piccola parte del secondo ordine. Attorno al teatro sono ancora in corso indagini che hanno rilevato resti di costruzioni forse adibite a scuola di ballo e associazione di artisti. La struttura venne abbandonata in epoca longobarda, quando fu in parte interrata e utilizzata come fondazione per le abitazioni. Inoltre, nel XVIII secolo su quanto restava del teatro venne costruita la chiesa di Santa Maria della Verità.
Nel 1890 l’archeologo Almerico Meomartini ne auspicò il ripristino, anche se poi i lavori ebbero inizio molto più tardi e si interruppero nel 1930 a seguito di un forte terremoto, e fu definitivamente ultimato e consegnato nel 1957.

Il Teatro Romano.
Foto di Marianna Caliendo

Nella zona che immette in piazza Santa Maria si trova anche la casa natale di San Gennaro. Dove un tempo sorgeva un’abbazia domenicana, dopo il disastroso terremoto del 5 giugno 1688 il luogo fu utilizzato come cimitero per i bambini, soprattutto morti per nascita prematura. I violenti bombardamenti bellici hanno distrutto la struttura esistente, e i vari resti lo testimoniano.
L’area cittadina del Triggio un tempo era piuttosto malsana, ma tante sono state le opere di risanamento del quartiere. Il più recente degli interventi è quello del 2010 che ha visto la realizzazione della piazzetta chiamata Largo Manfredi di Svevia.

La tradizione orale colloca al rione una figura inquietante che si unisce alle altrettante inquietanti leggende beneventane: la Zoccolara. Tanti sono quelli che giurano di averla sentita passare di notte battendo gli zoccoli di legno sul basolato della strada. Qualcuno, invece, giura di averne visto la sagoma inghiottita dalla nebbia, altri piuttosto ammettoo di averla scorta mentre cavalcava un cavallo, dai cui zoccoli il suo nome. Ancora, qualche altro testimone narra di averla vista battere gli zoccoli sull’inferriata del Teatro Romano.
Secondo le leggende medievali, la Zoccolara rappresenta lo spirito di una “erbaiola” morta in circostanze misteriose, mentre altri la considerano una delle tante streghe di Benevento, probabilmente zoppa. Altri, ancora, raccontano che in passato il quartiere fisse ricco di prostitute e, per evitare che in quelle vie vi circolasse troppa gente, ne fu inventata la spaventosa storia.
I tratti che la contraddistinguono sono la risata demoniaca e il rumore assordante dei suoi zoccoli. Ma anche le leggende di Maria Manolonga, il mazzamauriello, il lupo mannaro sono legate a un luogo evocativo, che già dal nome presagisce qualcosa di spaventoso e di fortemente folkloristico, a raccontarci di una città legata ad antiche leggende e stregonerie, e del quartiere medievale ed elegante del fine capoluogo sannita.