Immagini dal Sannio: Monsignor Luigi Sodo, il Venerabile curatore delle anime

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Ritratto di Monsignor Luigi Sodo, immagine di copertina tratta da Wikipedia

La Diocesi di Cerreto – Telese – Sant’Agata de’ Goti, e maggiormente la cittadina di Cerreto Sannita, è molto legata alla figura, al ricordo, alla storia di un illustre vescovo che ha operato nel medesimo territorio diocesano. Parlo di Luigi Sodo, curatore di anime che finì in carcere con la falsa accusa di cospirazione contro il governo italiano e istigazione dei moti popolari borbonici. Il vescovo è già in aria di santità: Papa Francesco, infatti, ha firmato il decreto che gli riconosce, per ora, come primo passo, la proclamazione di Venerabile, step iniziale che lo accompagna verso il percorso di beatificazione. Monsignor Sodo visse con la devozione nei confronti dei più bisognosi e disagiati, tanto che fu molto vicino alle classi più povere della Napoli del suo tempo, in particolare i pescatori. Nacque a Napoli nel 1811, in una famiglia agiata e dalla spiccata religiosità, da Baldassarre e Marianna Riccio, e dei cinque figli della coppia, Luigi, insieme a Giovanni, fu quello che intraprese la vita ecclesiastica. Grande studioso sin dalla tenera età, si distinse negli studi classici e in quelli teologici, e sempre in età giovanile accarezzò l’idea di perseguire la strada del sacerdozio, dato che, tra l’altro, con assidua frequenza praticava i sacramenti e fu molto devoto alla Madonna. Nel 1834 divenne sacerdote, mentre poco dopo conseguì anche la laurea in Teologia. Il fratello Giovanni fu suo intimo collaboratore e lo seguì ciecamente per tutta la sua vita.

La sua attività di sacerdozio cominciò nelle cappelle serotine di Chiaia, suo luogo natio, seguendo e curando spiritualmente i pescatori, ma anche i malati e i carcerati. Rettore della chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, fu poi economo curato della parrocchia di Santa Lucia a mare di Napoli, e in quella occasione entrò in contatto sia con la nobiltà, sia con la plebe napoletana. Dopo essere divenuto missionario, nonostante la sua umiltà in un primo momento lo facesse stentare a lasciarsi andare a un incarico così elevato, nel 1852 fu consacrato vescovo di Crotone nella chiesa dei Santissimi Apostoli a Roma, ma dopo appena un anno di vita diocesana fu costretto a combattere con un gravissimo avvenimento, la terribile malattia che lo colpì e lo costrinse a lasciare la diocesi crotonese per poter ritornare nella sua Napoli e sottoporsi a cure. Fortunatamente guarì e in un primo momento fu affidato alla guida della diocesi di Sulmona, in Abruzzo, ma infine, nel 1853, fu destinato alla diocesi di Telese-Cerreto, da poco ripristinata da Papa Pio IX. Una diocesi più vicina a Napoli proprio perché, dopo il rischio corso con la sua malattia, era poco opportuno allontanarlo nuovamente. Era il 14 agosto quando, solennemente entrò nella cattedrale cerretese, e fu lì che rimase per ben 42 anni. Ebbe molta cura della sua gente, dei beni ecclesiastici, della chiesa, delle parrocchie e dei sacerdoti diocesani. Fu molto caritatevole e si occupò con grande impegno al ministero del confessionale. Negli anni dell’Unità d’Italia, fu costretto, insieme ad altri vescovi meridionali, a lasciare Cerreto e a vivere in una sorta di esilio presso Napoli. Non tutto però fu perduto: il fratello, Giovanni che ormai era diventato sacerdote, lo aiutò a guidare la diocesi dalla quale, purtroppo, Luigi doveva stare lontano.

Cerreto Sannita: piazza Luigi Sodo, la chiesa cattedrale, il seminario diocesano. Foto di Nicola Conte

Nel 1863 venne arrestato, insieme ad altri ecclesiastici, con la falsa accusa di cospirazione contro il governo italiano e di istigazione ai moti popolari proborbonici; ben 42 furono i giorni in cui restò in carcere, ma dopo qualche anno riuscì finalmente a tornare nella terra che tanto benevolmente lo aveva accolto e adottato. Rientrato in sede, subito si rimise al lavoro per la ricostruzione spirituale e disciplinare del seminario, per la formazione del clero e predicò molto affinché fossero incrementate le vocazioni. Un lavoro apostolico molto intenso gli valse la stima dei papi Pio IX e Leone XIII.
Con la rottura del femore avvenuta nel 1895, quando ormai aveva 84 anni, cominciò il declino fisico e dell’animo. Dopo poco più di un mese morì a Cerreto Sannita: il suo corpo non aveva affatto reagito al trauma a cui era andato incontro il mese precedente. Il funerale fu un evento indimenticabile: tutto il clero e tutti i fedeli addolorati presero parte alle esequie. Trascorsi sedici anni dalla sua dipartita, nel 1911 il corpo del monsignore venne esumato e miracolosamente trovato intatto. Fu così tumulato nella cattedrale di Cerreto.









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