Comunicato Stampa

La consigliera di Forza Italia difende il Governo Meloni dalle critiche e propone una legge ispirata al modello francese per salvare i borghi
Le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale si avvicinano e puntualmente (come le rondini a primavera) le Aree interne tornano con forza al centro del dibattito politico. Conferenze, convegni, dibattiti e proposte politiche si moltiplicano per cercare di invertire la tendenza allo spopolamento dell’entroterra.
Dopo anni di totale indifferenza rispetto a quanto accade nelle cosiddette Aree interne, considerate come un semplice serbatoio di voti da coloro che da 40 anni governano la Regione Campania, all’improvviso – e prendendo a pretesto una frase riportata nell’introduzione del nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne – si cerca falsamente di far apparire il Governo Meloni come il “lupo cattivo” che “non vuole più investire per trattenere le giovani generazioni o per sviluppare servizi nelle Aree interne”.
Una menzogna grande come una casa che richiama alla mente la regola del Principe perfetto: “Governare è far credere”. Qualunque sia il campo in cui il Governo si è impegnato, la sinistra, controllando gli ingranaggi dei mass media a livello locale e regionale, si è impegnata a far credere il contrario della realtà. E questo si sta cercando di fare anche riguardo al nuovo Piano Strategico per le Aree Interne.
Senza fare polemica, e ricordando quel che il prof. Manlio Rossi-Doria diceva già nel 1948:
“La morte degli insediamenti umani nelle aree interne potrebbe significare l’inizio di grandi rovine nei luoghi dove le attività umane si esercitano e si concentrano”,
viene spontaneo rivolgere una domanda ai novelli difensori delle Aree interne:
Dov’eravate quando il Governo Draghi ha stilato la lista dei borghi, i cosiddetti “Comuni Marginali”, destinati a morte dolce e “senza alcuna prospettiva di sviluppo a breve e lungo termine”?
Ben vengano i convegni e le conferenze per discutere sul tema dello spopolamento dei piccoli borghi, ma quello che serve – a mio avviso – è una legge per avviare il risanamento dei circa 8.000 campanili che caratterizzano il nostro Paese e fermare la fuga dei giovani che nemmeno la pandemia è riuscita ad arrestare.
Per salvare i nostri piccoli borghi dall’abbandono ci vuole una legge come quella fatta approvare in Francia da André Malraux, ministro della Cultura nel 1962 durante il governo De Gaulle, che finanziava interventi di risanamento e riqualificazione dei vecchi quartieri delle piccole comunità francesi. Quella legge ebbe effetti straordinari perché in questo modo si riuscì a cambiarne completamente il volto, richiamando turisti e, soprattutto, migliorando la vita dei residenti.
Per i tanti borghi abbandonati (e/o sempre più desolati) dell’Italia sarebbe utile un progetto nazionale del genere. È vero che esiste già la legge n.158/2017 a sostegno dei piccoli comuni, ma – a mio avviso – non basta. Ha rappresentato un segnale di attenzione, però insufficiente per il sostegno che garantisce.
Serve una legge che esprima la volontà del Governo di intervenire radicalmente e con forza. E, a tal proposito, il minimo sindacale per trattenere i giovani nel luogo di origine è garantire il lavoro. Serve una legge che finanzi progetti di sistema, che valorizzino l’ambiente, il paesaggio e le architetture. Soltanto in questo modo si potrà ripristinare il patto di fiducia verso il territorio.
E poi… occorrono menti creative per far sì che per ogni euro investito in cultura ci sia un ritorno economico che moltiplica l’effetto. Allora sì che siamo sulla via giusta per sconfiggere la rassegnazione di chi nasce in qualche piccolo borgo del Sud dell’osso, per dirla con il prof. Rossi-Doria.
Sono convinta che il Governo Meloni, sotto la spinta anche dell’on. Tajani e della sua esperienza vissuta nell’Europarlamento, saprà trasformare il nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne in una nuova “legge Malraux” per i nostri piccoli borghi che caratterizzano le Aree interne del Belpaese.


















