Accademia di Santa Sofia, un successo il concerto jazz di Condorelli

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Comunicato Stampa – Monica Carbini

Con Accademia di Santa Sofia, ha preso il via anche la rassegna “Jazz Steps – I venerdì del Jazz”, con il primo Venerdì sera all’insegna del Jazz di gran classe, grazie all’eleganza, al gusto e alla misura del Pietro Condorelli Trio, con il suo concerto intitolato Visions, protagonista del terzo appuntamento della ricca e variegata Stagione Concertistica 2022/23, proposta in efficace cooperazione da Accademia di Santa Sofia, Università degli Studi del Sannio e Conservatorio di Benevento, sempre con la consulenza scientifica di Marcello Rotili, Massimo Squillante e Aglaia McClintock e sotto la direzione artistica di Filippo Zigante e Marcella Parziale che, come sempre ha rivolto a tutti i presenti, calorosi saluti iniziali di benvenuto insieme a Maria Buonaguro, Presidente Amici dell’Accademia.

Nella serata di ieri, dunque, in un Auditorium San Vittorino gremito di amanti del jazz, Pietro Condorelli, il rinomato Signore della chitarra Jazz, con Emiliano De Luca al contrabbasso e basso elettrico e Claudio Borrelli alla batteria, ha portato sul palco la sua ultima fatica discografica, “Visions”, figlia della pandemia e registrata con tutte le complicazioni, pratiche e psicologiche, del lock down.

Grazie al Maestro sassofonista Umberto Aucone, che ne cura la direzione artistica, è iniziata, con un primo gustosissimo successo, anche la terza costola del cartellone musicale 22/23 di Accademia Santa Sofia, una rassegna che, come ha spiegato il M° Aucone nella sua introduzione – …nel nome “Jazz Steps – I venerdì del Jazz”, richiama proprio un celebre disco del sassofonista John Coltrane, Jant Steps, album pubblicato nel 1960, che, oltre che il suo primo grande successo, rimane uno dei suoi capolavori nonché uno dei dischi più importanti della storia del jazz. Il brano che dà il nome all’album, Giant Steps ossia “passi da gigante” è costruito su una progressione armonica basata su intervalli di terza maggiore (i passi cui si riferisce il titolo), una progressione molto insolita e di grande difficoltà per i solisti. Questa sua ricerca e innovazione sulle progressioni armoniche, fondamentale nella tecnica dell’improvvisazione e nella storia dell’evoluzione del jazz, è detta ancora oggi “Coltrane Changes” -.

Pietro Condorelli con la sua fidata chitarra affiancato da Emiliano De Luca al contrabbasso e basso elettrico e da Claudio Borrelli alla batteria, fin da subito immerge il pubblico di Benevento in un’accogliente capsula del tempo fatta di swing, ritmo ed emozioni dal sapore vintage, calore umano e precisione tecnica, sapiente interpretazione ed entusiasmante improvvisazione, iniziando dal raffinato “Tenderly”, celebre standard del 1946, portato al successo da Rosemary Clooney (sì proprio la zia di George) e da tantissimi artisti tra cui tre mostri sacri, le indimenticabili Voci di Sarah Vaughan e Nat King Cole, e il pianoforte di Bil Evans.

Il trio entra poi nel vivo del concerto e del disco Visions, eseguendo due composizioni, “Longtime Friendship”, un’accattivante bossanova che richiama subito stile e voce della chitarra di un fuoriclasse come George Benson e “Song For Galbright” dedicata a un altro eccezionale chitarrista, Paul Galbraith, geniale docente e strumentista purtroppo poco conosciuto. Condorelli gli rende omaggio con un solo trascinate, di soave complessità e perfetta leggerezza, caratteri peculiari che riconosciamo poi anche nelle successive esecuzioni.  

Il quarto brano, “Notte che va” è un omaggio al cuore, all’anima, al gusto musicale, al genio compositivo, alla napoletanità, e alla poesia di Pino Daniele. E Condorelli con il suo trio, ne fa un ritratto fedele dalle pennellate precise e vibranti, una sintesi impressionante e commovente, con sprazzi di puro realismo nel ricordo dell’artista che traspare tutto dai colori sorprendentemente vivi che riescono a evocare i tre magistrali interpreti.

Il quinto pezzo si intitola MLM ed è una emozionante dedica ai musicisti che sono venuti a mancare durante la pandemia. È impressionante e ipnotico, ritmico ed estraniante, tutto affidato alle percussioni e al poliedrico talento del batterista Claudio Borrelli e al contrabbasso di Emiliano De Luca, altra voce portante e importante della composizione. Sezione ritmica eccezionale per un duo affiatato, ricettivo e pronto alle reciproche suggestioni, dove la chitarra di Condorelli rimane sullo sfondo, elegantemente ai bordi delle emozioni da loro scatenate, a disegnarne i delicati contorni, con sottili tratti in punta di dita e di chitarra. Come sesto brano in scaletta, il trio propone un altro standard, elegante e sofisticato come “It Had To Be You”, celeberrima canzone di straordinario successo composta nel 1924, cantata da decine di artisti famosi, oggi i più la ricordano soprattutto nella colonna sonora del film “Harry ti presento Sally”, del 1989.

È il turno finalmente del brano che da il titolo a tutto il disco, “Visions”, e un orecchio attento riconosce immediatamente il linguaggio inconfondibile dei Weather Report. Infatti il brano è ispirato proprio alla musica di Joe Zawinul, pianista e compositore, fondatore, insieme al sassofonista Wayne Shorter (altri due mostri sacri!), del leggendario gruppo, pietra miliare del genere Fusion negli anni settanta e ottanta. E quindi in “Visions” emerge, proprio come in un sintetico spettacolare compendio, tutto il lavoro di profonda conoscenza, curiosa ricerca e perfetta assimilazione, che Condorelli mette in atto nei confronti del jazz, dagli albori ai giorni nostri, dalla tradizione all’innovazione, attraverso la sua personale rilettura dei generi, delle correnti, e dei diversi stili dei più grandi maestri della chitarra jazz. Domina, nel brano, affinatissima e nitida la sua mirabile tecnica di Fingerpicking.

Calorosi applausi scroscianti e fervidi complimenti convincono gli artisti a eseguire l’effervescente bis intitolato “Sean Connery” dove il Condorelli Trio volge uno sguardo alle atmosfere swing, fumose e conturbanti dei film polizieschi, noir e di spionaggio degli anni ‘50/’60 (più genere Alfred Hitchcock che saga 007 per intenderci), citando tutta la migliore produzione sullo stile di Henry Mancini, maestro del genere, sempre in perfetto equilibrio tra composizione e improvvisazione, strizzando anche un occhio, in più di un passaggio, a See you later Alligator, rock and roll reso famoso da  Bill Haley e a Summertime di George Gershwin. Magico Jazz. (Monica Carbini)









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