L’ultima eruzione del Vesuvio: fumi, ceneri e lapilli sul Sannio e dintorni

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Nel pomeriggio del 18 marzo del 1944 ebbe inizio l’ultima eruzione vulcanica del Vesuvio. Dapprima vi furono effusioni laviche ed esplosioni; il giorno 19 l’attività si intensificò e iniziarono le vere e proprie colate laviche che minacciarono i centri abitati di San Sebastiano e massa di Somma. Dal Vesuvio uscirono nubi vulcaniche composte da scorie e brandelli di lava lanciati fino a 5000 metri d’altezza, i lapilli trasportati dal vento caddero prevalentemente nella zona dell’Agro Nocerino Sarnese, mentre le ceneri si spinsero fino a centinaia di chilometri di distanza. A causa dell’eruzione persero la vita 26 persone (12 a Nocera, 9 a Pagani, 3 a Terzigno e 2 bambini a San Sebastiano morirono a seguito dell’esplosione di una cisterna surriscaldata dal passaggio della lava). L’attività eruttiva continuò fino al 7 aprile quando la bocca rimase permanente chiusa e da quella data è iniziato il periodo di riposo del Vesuvio. L’eruzione del marzo 1944 accadde mentre l’Italia era in guerra e i bombardamenti devastavano la penisola. I ricordi dell’eruzione si mischiano, e spesso sono sovrastati, a quelli più tragici della guerra, la nube vulcanica arrivò a lambire anche le nostre zone:

“Quello che ricordo di particolare è che il cielo si è improvvisamente fatto di colore grigio quasi come se volesse scoppiare un temporale che poi non è avvenuto. Le suore non ci fecero uscire dal collegio, ma io riuscendo ad aprire una finestra ho avuto tra le mani cenere soffice come quella che lasciava in giro mio padre con le sue sigarette. Quando sono rientrata a casa le mie scarpe erano sporche di cenere. Abbiamo capito solo dopo che era stato il Vesuvio perché lo diceva la gente per strada.”…” All’epoca vivevo nella zona centrale di Benevento, oggi Corso Garibaldi.” Filomena R. Benevento

Ricordo che una mattina uscii di casa, intorno alle 10 circa, e il cielo era scuro, colore piombo, e ricordo la cenere sottile, quasi impercettibile, come una nuvola nell’aria. Abbiamo appreso subito che era il Vesuvio. Lungo il percorso tra i passanti si diceva che si trattava dell’eruzione del Vesuvio e incontravamo persone che avevano avuto la notizia dalla radio.”…” Avevo all’epoca 23 anni. Quando ho osservato il fenomeno abitavo in Via delle Puglie, prossima al Viale degli Angeli ,oggi Viale degli Atlantici.” Teresa P. Benevento

Il fenomeno fu amplissimo, ceneri e lapilli arrivarono, spinte dai venti e in condizioni atmosferiche favorevoli, molto lontano: fino in Puglia e in Albania. Una testimonianza molto viva è quella di Francesco C. di Caiazzo: “Vivevo a Caiazzo e all’epoca avevo 15 anni. Il Vesuvio era una presenza già negli anni precedenti l’eruzione del marzo 1944. Osservavamo il pennacchio del Vesuvio che indicava la direzione del vento, si sollevava dal cratere e a volte inclinava verso est, a volte verso ovest. Le montagne di Castel Morrone coprivano di poco il vulcano, ma di notte vedevamo bagliori, lanci di lapilli e materiale incandescente che poi ricadeva sui fianchi del vulcano. Ricordo bene l’eruzione, si presentò a noi a Caiazzo con un’altezza smisurata del pennacchio, denso, un colore grigio scuro, che si sollevò ad un’altezza notevole, che osservammo per tanto tempo. Dal cratere si sviluppava una colonna di fumo di notevole diametro che si ampliava verso l’alto, come un pino, variando la forma e la dimensione. A Caiazzo arrivava cenere che si depositava lentamente e questa è caduta per diversi giorni.”

Elga D.  di Alife: “Durante l’eruzione del Vesuvio, abitavamo a Napoli in zona Marina e il ricordo di quell’evento è fortemente legato a San Gennaro”… ” Il Santo, durante l’eruzione, alzando le mani disse – Napoli è mia e non si tocc , e così la città fu salva, diceva la nonna.”

Le testimonianze riportate sono, solo alcune, tratte da un testo pubblicato a cura dell’Istituto di Vulcanologia di Napoli nel sessantesimo anniversario dell’eruzione del Vesuvio composto da 307 questionari compilati dai ragazzi di 100 scuole coinvolte nella ricerca. Dopo l’eruzione del 1631 e fino al 1950, dalla sommità del vulcano usciva un pennacchio di fumo, visibile da Napoli e dintorni ripreso in molte immagini che riproducono il golfo di Napoli. Il pennacchio era divenuto una presenza familiare che, oltre all’aspetto folcloristico, a seconda della sua forza e dimensione, indicava lo stato del vulcano. Oggi il cratere è completamente chiuso da un tappo di sedimenti che fa temere, ai vulcanologi, la possibilità di un’eruzione disastrosa come mai vista prima.









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