Pane, fave e pecorino con un’ottima Falanghina: ecco la tradizione del 1° maggio

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Fin dai tempi dell’Antica Roma, il primo giorno di maggio era la giornata consacrata ai festeggiamenti per la primavera che era ormai sbocciata: era il Calendimaggio o Floralia, e a tavola si festeggiava mangiando ogni primizia che la natura e la bella stagione offrivano. Tra queste c’erano le fave, meraviglioso frutto della terra che ci accompagnerà per tutto il mese.
E se il 1° maggio è un giorno festivo da dedicare a una piacevole gita fuori porta o a una scampagnata, il piatto tipico che non può mancare è pane, fave e pecorino. E, secondo Gambero Rosso, il miglior vino per accompagnare un pasto tanto frugale quanto intenso è la Falanghina.

Perché si preferisce proprio questo piatto? Perché le fave sono il simbolo rurale del mese di maggio e, data la facilità di preparazione di un piatto semplice che non richiede cottura, è l’ideale per un’uscita organizzata anche all’ultimo minuto.
C’è anche da ricordare che le fave, di cui il nostro territorio abbonda, erano considerate afrodisiache e celebravano la dea Flora, protettrice della natura in fiore e della rinascita. Nella tradizionale festa dei Floralia, comparve addirittura il lancio dei baccelli delle fave per augurare fortuna e ricchezza.
Nacque poi un’altra credenza popolare. Si cominciò a considerare di buon auspicio trovare 7 semi invece di 6 nello stesso baccello.

Da mangiare con buccia o senza, l’unica accortezza a cui badare è che il baccello sia turgido, brillante e privo di macchie. Per il loro alto contenuto di fibre, proteine e sali, le fave sono diventate un alimento irrinunciabile per le classi medio abbienti.
Se però le fave crude non convincono, via libera alla cottura, sbollentandole e magari poi ripassandole in padella con un soffritto o un cipollotto tritato, insaporendole, sempre su fiamma, con scaglie di pecorino. Un ottimo modo, questo, per condire delle bruschette o del pane tostato. La delicatezza e la freschezza delle fave, inoltre, sono indispensabili per un sapore deciso come quello del pecorino.
Marco Gavio Apicio, gastronomo e cuoco del tempo di Tiberio, nel suo monumentale De Re Coquinaria racconta una gustosa preparazione nella quale le fave vengono lessate, profumate con pepe, coriandolo, cumino, finocchietto e quindi stemperate con vino e garum.

E a proposito di pecorino: durante le lunghe giornate in campagna, magari sotto al sole, quando il lavoratore, il pastore o l’agricoltore possedevano fave, un buon pezzo di pane e l’ottimo formaggio di pecora, potevano dirsi ricchi: non mancava nulla, perché quel pasto era da considerarsi una vera delizia. La nostra, poi è antica terra di transumanza e dal pecorino non si può prescindere. Molto apprezzato dai Romani, è stato menzionato per la prima volta da Plinio. Più di tutto, se ne preferiva proprio il sapore deciso, oltre alle proprietà nutritive che garantivano energia e forza fisica prima di andare in battaglia.
Nella preparazione del 1° maggio, è preferibile il pecorino “con la goccia” o il semistagionato da tavola.

E in quanto a vini, beh, l’abbinamento ottimale, almeno nella regione sannita, è quello con la Falanghina; del Sannio, dei Campi Flegrei o dell’Irpinia, poco importa. Vino pronto e reattivo, sa sempre cucirsi perfettamente addosso gli ingredienti ai quali viene abbinato.