Filippo Tommasi Marinetti nel Manifesto della Cucina Futurista, nel 1930, sentenziava: “Crediamo anzitutto necessaria l’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana”. La Storia sembra ripetersi ed oggi è Donald T. a sferrare una guerra alla pasta, quantomeno per altri motivi, e non propriamente culturali.
Storicamente, anche se i Cinesi avevano prodotto qualcosa di simile, la pasta è un’“invenzione” tutta italiana, un semplice impasto di acqua, sale e farina di grano, con o senza l’uovo, che ha rivoluzionato la gastronomia mondiale.
Il termine pasta deriva dal tardo latino păsta e – a sua volta – dal greco antico pástē, “farina mescolata con acqua e sale”. In antico presso gli Etruschi, la pasta era nota con il termine greco láganon o con l’etimo, tanto etrusco come magnogreco ed italico, makária o makarṓnia (col significato di “cibo beato”, offerto in cerimonie funerarie); giunto fino ai giorni nostri sotto forma del termine dialettale maccaruni o maccaroni, in italiano maccheroni.
Nell’area mediterranea furono i greci, gli etruschi ed i romani che realizzano i primi tipi di pasta: a Cerveteri, nella tomba della Grotta Bella, del IV secolo a.C., si possono notare in un decoro gli strumenti ancora oggi in uso in Italia per la produzione casalinga della pasta fresca: spianatoia, matterello e rotella per tagliare, ed un sacchetto per la farina con un mestolino per l’acqua. Nell’alto Medioevo s’afferma la bollitura in acqua.
La pasta, particolarmente glutinosa, diveniva subito collosa ed appiccicosa e dietro la famosa “cottura al dente, c’era l’espediente di far “di necessità virtù”. Le versioni di pasta in sfoglia erano preferite soprattutto nell’Europa del centro-nord, anche se in Francia, la pasta non ha mai preso piede.
Curiosità: il verbo italiano ammaccare ha la stessa radice di maccheroni, avente assunto il significato generico di fare pressione, premere, schiacciare come nel caso della pasta che viene lavorata pressandola, impastandola e modellandola.
