Accadde oggi: 12 maggio 1974, il divorzio vince sul referendum abrogativo

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Era il referendum abrogativo per la legge sul divorzio. “L’Italia è un paese moderno“. “Grande vittoria della libertà“. “Il popolo italiano fa prevalere la ragione, il diritto, la civiltà”. Sono alcuni dei titoli apparsi sulle prime pagine dei giornali, a commento del risultato del referendum abrogativo della legge sul divorzio, un risultato che regalò e confermò grande libertà e dignità al nostro Paese. La prima iniziativa legislativa per l’interruzione dei matrimoni si fa risalire a Napoleone Bonaparte che, con il Codice del 1804, introdusse in Italia la possibilità di sciogliere i matrimoni civili, vincolandola però al consenso di genitori e nonni. Negli anni Sessanta il deputato socialista Loris Fortuna presentò per primo un progetto di Legge per il divorzio, integrato successivamente con il testo del liberale Antonio Baslini e per sensibilizzare la gente, il Partito Radicale e la Lega italiana per l’istituzione del divorzio scesero in piazza. Il risultato fu importantissimo: il 1° dicembre 1970 venne approvata la legge n. 898 Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, ribattezzata “legge Fortuna-Baslini”. Da quel momento, il divorzio entrò nell’ordinamento italiano, riconoscendo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, prevedendo il passo iniziale della separazione legale, periodo in cui i coniugi dimostrano di non coabitare.

Ma il mondo cattolico non tollerò e fece partire la raccolta firme per presentare una richiesta di referendum abrogativo. Inizialmente fissato per l’11 giugno 1972, il voto slittò al 12 maggio 1974 per via dello scioglimento anticipato delle Camere, deciso dal Presidente della Repubblica, Giovanni Leone. I sostenitori del “sì” trovano sostegno nel segretario politico della DC, Amintore Fanfani. La partecipazione al voto fu da record: in 33.023.179 si recarono alle urne, circa l’87,7% degli aventi diritto. Una soglia che, in seguito, non è stata mai eguagliata nelle consultazioni referendarie successive. Il 40,7% (13.157.558) si pronunciò per l’abrogazione, il 59,3% (19.138.300) votò “no”. I “sì” prevalsero solamente in Trentino, in Veneto e nel sud Italia, con l’eccezione dell’Abruzzo, della Sicilia e della Sardegna. La legge sul divorzio si salvò e la leadership di Fanfani venne messe in discussione fino alla definitiva sconfitta delle elezioni regionali del 1975, dove la DC fece registrare il suo minimo storico. Fino ad allora, Fanfani era stato il più longevo protagonista della Prima Repubblica. Gli oppositori, invece, gridarono alla vittoria della modernità e della civiltà contro il blocco della conservazione. La vittoria del “no” fu un duro colpo anche per la Chiesa, che sospese l’abate don Franzoni, favorevole al mantenimento della legge. Fanfani, nel luglio 1974, tentò di spiegare la sconfitta e di attenuarne la portata durante un Consiglio nazionale in cui sostenne che “la DC non promosse né incoraggiò la richiesta di referendum” e che “non possiamo concedere che l’essere riusciti a far convergere sulle tesi sostenute ben tredici milioni di voti rappresenti una sconfitta”.

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