Oggi Torino si ferma, e si ferma tutto il mondo calcistico, a prescindere dalle tifoserie. Si fermano i cori degli ultrà, si fermano gli accanimenti che non sempre portano a qualosa di buono. Si ferma il calcio, l’Italia sportiva, ma si ferma solo nel ricordo, nel rivolgere un pensiero a una grande tragedia, accaduta il 4 maggio del 1949, giorno ij cui finiva la storia di una squadra, ma cominciava il riordo e la leggenda. Una squadra che è rimasta nella memoria storica di ognuno di noi, nel mito, nella leggenda calcistica, anche in chi non ha vissuto il dramma in quei giorni, perché magari non era ancora nato, ma che ne vive i ricordi con racconti tramandati. Una sequenza di trionfi, per la Grande squadra di Torino, che si interruppe così, bruscamente. I giocatori del Torino tornavano a casa da una trasferta a Lisbona per una partita contro il Benefica, incontro fissato per il 3 maggio. Un’amichevole. Il giorno successivo la squadra era a bordo del trimotore I-Elce per fare ritrono nella propria città. Un tempo pessimo, climaticamente parlando, pioggia battente, a dirotto. E poi uno schianto, contro la Basilica di Superga, che a stento si intravedeva, avvolta in una fittissima nebbia.
Nell’incidente perse la vita l’intera squadra del Torino, la squadra vincitrice di cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949, e morirono anche dirigenti e accompagnatori, l’equipaggio e tre giornalisti sportivi italiani. I resti dell’aereo, tra cui un’elica, uno pneumatico e pezzi sparsi, ma anche alcuni oggetti ritrovati, come le valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein, sono conservati nel Museo del Grande Torino e della leggenda granata, nella prestigiosa Villa Claretta Assandri di Grugliasco. Sette calciatori sono sepolti presso il Cimitero Monumentale di Torino, mentre altri dieci giocatori sono stati invece sepolti presso i propri comuni d’appartenenza. Oggi resta il ricordo di una grande squadra che si disintegrò per sempre, di cui però sono vivi mito e leggenda.
Giornalista