Unesco, candidata l’antica via Appia. Ecco la storia della Traianea o via del Vino

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È arrivata da poco l’ufficialità: la via Appia antica è stata da poco candidata a Patrimonio Mondiale dell’umanità assieme alla via Traiana o via del Vino. E se molto si sa, per gloria, leggenda e storia, della tradizionale Appia, spesso molte perplessità nascono sulla storia della nuova Appia o Traiana. Che motivo c’era di costruirne un’altra? E allora, percorriamo insieme, seppur virtualmente, 292 chilometri di storia, leggenda e maestosità. Sì, perché oggi siamo in giro sulla via Appia Traiana, costruita tra il 108 e il 110 d.C. per iniziativa dell’Imperatore Traiano, che intendeva velocizzare i collegamenti con i principali porti pugliesi. Il percorso fu realizzato per mano del censore Appio Claudio Cieco, allo scopo di collegare Roma all’Adriatico e, a differenza della tradizionale via Appia Antica, che assecondava l’orografia dei territori attraversati, la nuova Appia voleva arrivare direttamente alla meta, puntando a questo grande obiettivo, motivo per il quale attraversava gli Appennini, superando con facilità gli ostacoli con la costruzione di viadotti e ponti, ignorando i centri considerati minori. Un grande progetto voluto da una mente concreta che arrivava senza giri inutili all’obiettivo principale. Se vogliamo paragonarla al piano stradale odierno, potremmo dire che l’Appia Traiana si avvicinava alla moderna autostrada, che tagliava, andava diritta al punto e utilizzava anche moderne tecniche nella sua costituzione. La via Traiana viene detta anche via del Vino e. ovviamente, prende il suo nome proprio dal magnificente imperatore che la ideò e la volle. Essa collegava Benevento a Brindisi e proprio a Benevento, all’inizio del nuovo percorso, l’imperatore fece erigere, nel 114 d.C., un arco trionfale celebrante il grande lavoro monumentale. A Brindisi, invece, il tratto terminale della strada era segnato da un monumento dedicato nel 110 d.C. e noto soltanto da un’iscrizione onoraria. Una variante dell’Appia Antica, dunque, che utilizzava vecchi tracciati, percorsi rurali e antiche vie erbose, quei tratturi caratteristici della zona.

Nel periodo longobardo il percorso faceva parte della via Francigena del Sud, calpestata quotidianamente dai pellegrini diretti al Santuario dedicato a San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Essa costituiva il percorso che collegava Roma, punto di arrivo della via Francigena proveniente da Canterbury, all’Oriente, passando attraverso la Puglia. E questo percorso destinato ai grandi pellegrinaggi da e verso la Puglia, ma anche verso la terra Santa, continuò anche in epoca normanna e in quella delle Crociate. Ecco il motivo per cui, sul suo lungo tragitto, troviamo edificati alberghi, residenze, ospizi, proprio per dare rifugio e dimora ai viandanti e ai pellegrini. Non solo: anche qualche chiesa e qualche piccola fortezza, che poi è diventato un importante castrum, come quello di Crepacuore, che ebbe un ruolo cruciale nell’assedio all’insediamento musulmano di Lucera condotto nel 1269 da re Carlo I d’Angiò. E ancora, colonne, marmi, capitelli, statue, fregi, bassorilievi disseminati lungo tutto il tragitto, ove sono state ritrovate numerose monete coniate all’epoca, mentre i ristori suddetti per animali e viaggiatori si alternavano circa ogni otto o nove miglia. Gli alberghi venivano gestiti da tavernieri aiutati da custodi e cuochi, amministratori e camerieri, e vi era sempre un gran viavai di mercanti, commercianti, nobili o contadini, carrettieri e talvolta marinai.

Un tratto beneventano

La strada ricalcava la preesistente via Minucia, o almeno parte di essa, un tracciato non proprio ben definito e scarsamente agevole del periodo repubblicano. Secondo quanto riferito da Wikipedia, la strada usciva da Benevento e si inerpicava verso il vicus di Forum Novum (tra gli attuali comuni di Paduli e Sant’Arcangelo Trimonte), proseguendo quindi verso l’attuale Buonalbergo, dove possiamo ancora oggi trovare tracce dei ponti Latrone e San Marco, oltre ai ruderi del ponte delle Chianche. La strada saliva nel corrispondente agro di Casalbore, e da qui fino al fiume Miscano corrispondeva al tratturo Pescasseroli-Candela. Superato il corso del Miscano tramite un ponte di cui restano numerose tracce, la via Traiana risaliva quindi sull’altopiano di Sant’Eleuterio, nel territorio di Ariano Irpino, dove sorge il vicus Aequum Tuticum, situato all’incrocio con la via Herculea e con la più antica via Aemilia. Al raggiungimento del valico appenninico di San Vito, comincia il tratto pugliese della via Traiana, toccando la sua massima altitudine, ossia i 947 m.s.l.m. L’aspra dorsale dei monti della Daunia veniva superata mediante il Buccolo, un passaggio assai angusto, da cui la via prendeva poi il percorso verso Aecae, l’attuale Troia, per poi dirigersi verso il Tavoliere delle Puglie. Ecco, poi verso Canusium (Canosa), Coratum (Corato), Rubi (Ruvo), Butuntum (Bitonto) per continuare poi fino alla meta tramite due diversi tracciati (sempre da quel che dice Wikipedia): la via Appia-Traiana lungo la costa che toccava Barium (Bari), Neapolis (presso Polignano a Mare) ed Egnatia (presso Fasano), e la via Minucia Traiana, più antica e interna, che passava per Midunium (Modugno), Caelia (Ceglie del Campo), Capursi (Capurso), Noa (Noicattaro), Azetium (Rutigliano) e Norba (Conversano), per poi riunirsi alla costiera nei pressi di Egnazia. Brindisi segnava la fine del percorso.

Alcune zone, soprattutto pugliesi, mantengono viva la costituzione del percorso in lastricato. Questo lo possiamo vedere in alcune campagne pugliesi, come Monopoli, ma anche a Bari, Ascoli Satriano, dove sono conservate le colonne miliari che ne segnavano l’attraversamento. Nell’epoca moderna si sono manifestati tutti i crolli dei ponti esistenti sul tragitto, molto probabilmente a causa del violento trremoto del 1456. Nel periodo rinascimentale la tratta appenninica venne definita “la via del sale” perché veniva utilizzata abbondantemente per il trasporto del sale marino di cui vi era larga commercializzazione. Considerato l’interesse storico e il valore dei reperti archeologici rintracciabili lungo la via, è stata proposta molte volte l’istituzione di un’area protetta che permetta di preservare e fruire di queste ricchezze. Non è difficile immaginare il motivo per cui la via Appia Traiana sia chiamata anche via del Vino: la provincia di Benevento e l’itinerario pugliese della via traiana sono certamente tra le zone più rinomate in quanto a produzione di pregiati vini. Vigneti, ma anche uliveti, paesaggi di stampo agricolo e rurale che circondano le antiche tracce di questo percorso ricco di storia e fascino.









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