Immagini dal Sannio: calzoni e tradizioni di San Giuseppe a Riccia

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo

In fatto di golosità, le Immagini dal Sannio difficilmente ne perdono una. Tantomeno quando si tratta di quelle sannite, frutto della sapiente lavorazione dei prodotti di una terra prevalentemente agricola, che ci regala sapori e profumi che riportano la mente alle tradizioni che furono. E tante, tantissime sono le tradizioni gastronomiche del Sannio. che vengono rievocate e riportate quotidianamente in auge, tramandate dai nonni ai nipoti, affinché non vadano perdute usanze contadine e memorie dei tempi che furono. Domani è San Giuseppe e al santo patrono dei papà sono legate tante dolci delizie. Riccia, uno dei borghi più belli della nostra Penisola, immerso in una lussureggiante vegetazione nella zona fortorina della provincia di Campobasso, è la patria di piccole, grandi bontà culinarie legate proprio alla celebrazione del Santo.

Si tratta di una tradizione che vede nascere le sue origini dalla leggenda di San Giuseppe, nella quale si racconta che un uomo vecchio e povero girava di paese in paese chiedendo umilmente ricovero. La sua educazione non smuoveva la compassione di nessuno, per cui veniva ignorato da tutti. Quando giunse a Riccia trovò finalmente ospitalità da parte di un uomo che lo accolse nella sua casa. Questi non era certamente benestante, ma comunque scelse di dividere con il povero tutto ciò che possedeva in dispensa, a partire dai legumi coltivati nel suo orticello, particolarmente i ceci. C’è da dire, tra l’altro, che Riccia è un paese di alta collina e il clima e il tipo di terreno favoriscono una buona coltivazione di legumi e cereali. Un giorno finalmente l’uomo fu riconosciuto, dalla popolazione di Riccia, in Giuseppe. Ecco, dunque, il motivo per cui il Santo è così venerato nel borgo molisano, la cui devozione si celebra non una, ma due volte l’anno, il 19 marzo e il 1 maggio, Giornata dei lavoratori, con una messa solenne, una processione per le strade del paese e un grande pranzo che riunisce attorno a una bella tavolata imbandita a festa ogni famiglia. Una festa che richiama ogni cittadino, ogni devoto, che solletica di gioia ogni cuore paesano. Il pranzo in onore al Santo è composto da ben tredici pietanze, a base di carne, pesce, latticini e cereali. Non mancano, ovviamente, i legumi, simbolo di devozione per i riccesi verso San Giuseppe. Non un pranzo comune, dunque, dove i calzoni, o cavuzune, sono ertamente i più attesi. Essi. però, non fanno parte delle tredici portate, ma sono considerati una semplice “creanza“, un omaggio che ci si scambia in ogni dove, e che vede coinvolto ogni riccese, proprio in occasione della ricorrenza.

La processione. Foto tratta da lucianopignataro.it

Prima dell’inizio del pranzo vengono recitate alcune preci e poi un uomo sposato che rappresenta San Giuseppe riempie il primo bicchiere con del vino, assaggia un pezzo di pane, e passa entrambi prima al bambino o ragazzo che rappresenta Gesù, poi alla donna che rappresenta la Madonna, la quale a sua volta passa il bicchiere e il pane al resto dei commensali che assaggeranno. Finito il giro, il bicchiere torna indietro per far cominciare il pranzo. Terminato l’abbondante pasto si recitano di nuovo le preghiere per ringraziare San Giuseppe di quanto si è ricevuto nell’anno e per invocarne la protezione sulla famiglia e sulla comunità. Il pranzo si apre con un tarallo semidolce per poi proseguire con un piccolo antipasto a base di giardiniera di verdure fatta in casa. Mai mancano sulle tavole della festa gli spaghetti con la mollica del pane cotto a legna e fatto in casa, piatto povero simbolo di generosità e accoglienza. E la mollica ripiena la ritroviamo anche nei peperoni imbottiti. Alla fine si offre ai santi un cesto contenente una pagnotta di pane, un assaggio delle pietanze servite durante l’abbondante pasto e un numero dispari di calzoni. I preparativi di questa bella ricorrenza hanno inizio già qualche giorno prima: in ogni casa, in ogni vicolo, in ogni strada vengono allestiti degli altarini con una immagine di San Giuseppe, uomo simbolo di amore paterno e di famiglia. I calzoni di San Giuseppe a Riccia sono fatti interamente a mano, come tradizione vuole: una spianatoia e “olio di gomito”, nessun macchinario, solitamente. Sono formati da sfoglie che vengono singolarmente prodotte a mano, una a una. La pasta che li caratterizza è molto friabile, con un colore leggermente dorato e hanno un ripieno vellutato e cremoso a base di ceci. Il miele, presente nell’impasto in quantità variabile, dona loro un dolce profumo, così come fanno la cannella, il cedro, la vaniglia, la buccia di arancia o quella di limone, I ceci presenti all’interno vengono setacciati e impastati a mano. Per la loro realizzazione si conservano per tempo i migliori ceci del raccolto, nei giorni che precedono la festa ci si organizza in gruppi di donne per cuocerli e preparare ripieno e sfoglia. Vi ripropongo la ricetta tratta da e.borghi.com.

Ingredienti

(Per 100 pezzi)
Per la sfoglia:
• 2 kg di farina di grano tenero;
• 1 uovo;
• Strutto q.b.
• Acqua q.b.
• Pizzico di sale

Per il ripieno:
• 1 kg di ceci;
• Miele e/o Zucchero q.b.
• Essenza di cannella o di vaniglia o di cedro q.b.

Per la sfoglia: Versiamo la farina su una spianatoia e lavoriamola con acqua, uovo e sale fino ad ottenere un composto di media durezza. Cominciamo anche a stendere la sfoglia, con l’aiuto di un mattarello o con la sfogliatrice, creando due sfoglie molto velate e che andremo a ungere manualmente di strutto. Dividiamo la sfoglia a strisce sottili e sovrapponiamole facendo combaciare quella unta rivolta in superfice. Arrotoliamole su loro stesse, continuando a ungerle, fino a formare dei dischi e poi lasciamoli riposare avvolgendoli in un canovaccio. Una volta riposati, riprendiamo i dischi e iniziamo a stenderli nuovamente, formando delle sfoglie poco meno di 1 centimetro. Per il ripieno: Mettiamo a mollo i ceci circa 1 giorno e mezzo prima; laviamoli bene e cuociamoli con un pizzico di sale. Una volta cotti, togliamoli dal fuoco, scoliamoli poco alla volta e iniziamo a sbucciarli. Tolta la buccia iniziamo a schiacciare i ceci, ottenendo un composto morbido e compatto e uniamo all’impasto il miele e/o lo zucchero e l’essenza di cannella o di vaniglia o di cedro.Ritagliamo le sfoglie, con un attrezzo idoneo, formando dei cerchi, con un diametro di circa 10 centimetri. Adagiamo su ogni metà dei cerchi il ripieno e chiudiamoli formando delle mezze lune.Per la cottura è necessario friggerli, quindi riscaldiamo l’olio e dopodiché deponiamo i calzoni, lasciandoli cuocere fino ad ottenere una doratura. Una volta cotti, lasciamoli asciugare su una carta assorbente o in colini di acciaio, dopodiché guistiamoci questa delizia.











Print Friendly, PDF & Email