Immagini dal Sannio: il guerriero sannita e l’esercito

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Conosciamo tante rappresentazioni di guerrieri dell’antichità, visti come immagini eroiche, ma non molto popolare è, a livello plastico o figurativo, la figura del guerriero sannita, tipicamente eroe dell’antico Samnium, piuttosto sentita e rappresentata in Molise: Pietrabbondante, Campobasso, Bojano conservano delle rappresentazioni statuarie del guerrero sannita così come effettivamente poteva essere. Pietrabbondante, in particolare,
sede del principale santuario dei Sanniti Pentri, a circa 1025 mt di altitudine, conserva depositi di armi e di parti dell’armamento, recuperati insieme al materiale votivo. Una grande quantità di armi e di oggetti bellici, vennero portati alla luce già durante gli scavi intrapresi nel 1857 dai Borboni nell’area del santuario e confluirono, pertanto, nelle raccolte dell’attuale Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Queste importanti scoperte sono state punti cardine della ricostruzione dell’arte sannitica, dello stile sannitico e della cultura a essi riferita. Da qui, nel 1922, nacque la statua del Guerriero sannita di Pietrabbondante, di Giuseppe Guastalla, che ha ben rappresentato, secondo esperti studiosi e archeologi, la sua figura, con corazza, elmo, schiniere, daga e scudo. Un elmo con i penne d’aquila
e lophos, formato dalla criniera di cavallo, la corazza a due dischi, a coprire la regione cardiaca, con sotto la tunica di lino o di pelle, il cinturone in lamina di bronzo sottile, e lo schiniere sullo stinco sinistro. Certamente è la pittura vascolare la fonte più importante e preziosa per comprendere al meglio l’iconografia della figura del guerriero sannita nella statua di Giuseppe Guastalla. Basti confrontare alcune scene di combattimento, dei crateri a campana provenienti dalla necropoli di Caudium, vicino Montesarchio.

Dell’esercito sannita si sa, secondo le tradizioni storiche, che quando cominciava una battaglia, avessero una carica iniziale molto difficile da contenere, tanto che spesso riuscirono a sfondare le linee romane. Una volta penetrati in territorio straniero, si impadronivano degli sbocchi o sul mare o nelle vallate e attaccavano le zone e le città sottostanti, pronti a rifugiarsi, in caso di pericolo, sui monti, ove edificavano delle città-fortezze, adibite al ricovero delle genti, delle merci e degli armenti. I Sanniti usavano sia il giavellotto, il pilum, di piccola dimensione, sia un lungo scudo ellittico, diviso verticalmente in due da una nervatura con una borchia al centro. Lo scutum non era di metallo, ma di giunchi intrecciati, ricoperti da pelle di pecora nella loro parte esterna. Gli stessi Romani, inoltre, appresero da essi l’uso di tali armi, la loro tattica manipolare e impararono al meglio l’utilizzo della cavalleria. Evidentemente, non si trattava di uomini troppo appesantiti dalle armature, piuttosto erano equipaggiati al meglio per essere pienamente agili e flessibili. I Sanniti, utilizzavano lance, piccoli giavellotti, lunghi pugnali, in ogni caso armamenti non troppo pesanti. Molti Romani consideravano l’esercito sannita molto violento, tanto da non risparmiare nessuno, invece, durante la battaglia delle Forche Caudine, questi risparmiarono la vita a molti Romani piuttosto che compiere un eccidio. Secondo le testimonianze di Polibio, l’esercito sannita comprendeva 70mila fanti e 7mila cavalieri. Un calcolo fatto sulla base di tali informazioni: popolazione residente totale nel Sannio 650mila unità; vita media maschile 39 anni; vita media femminile 33 anni; numero di maschi, ipotizzando che siano identici a quello delle femmine = 650mila/2 = 325mila; ipotizziamo che i maschi fossero equamente distribuiti secondo le fasce di età fra 1 e 39 anni 325mila/39 = 8333 unità per anno;calcolando che siano stati reclutati i maschi compresi fra 20 e 30 anni, si fa riferimento infatti alla sola età per cui sia stato possibile, all’epoca di riferimento, (225 a.C.), essere soldati, si ha = 8333×10 = 83mila soldati circa. (info presa da qui)









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