Immagini dal Sannio: Iside, la “signora di Benevento” venuta da lontano

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In copertina, statua di Iside al museo Arcos.
Immagine di repertorio

Ha tanto da raccontare la città di Benevento. Narra di Sanniti, di Romani, di Longobardi, del Papato. Racconta di streghe e Strega, di magia e del Noce, di eccellenze gastronomiche e di un rinomato territorio vitato tutto intorno. Non solo. Parla anche del culto egizio, anche se non sempre con la dovuta attenzione. A Benevento parla la storia, e parla la leggenda, parlano i miti e parlano anche i resti egittizzanti ancora visibili in città e nei suoi musei. Seguite le Immagini dal Sannio di oggi, perché è proprio di questo che vi raccontiamo.

Nel cuore della città, lungo Corso Garibaldi, proprio al centro di piazza Paolo Emilio Papiniano, un obelisco egizi0 del I secolo d.C. si innalza verso il cielo. E ancora, nel museo cittadino Arcos, la sezione egizia del Museo del Sannio, è possibile ammirare una mostra permanente dal titolo Iside, la scandalosa e la magnifica. All’interno delle sale espositive ci ritroviamo catapultati nel bel mezzo di reperti egizi ed egittizzanti, ritrovati durate le lunghe campagne di scavo in città, dal 1903, nel corso dei lavori di ristrutturazione della caserma dei Carabinieri, sita all’epoca nel convento di Sant’Agostino, in prossimità dell’Arco di Traiano.
Riavvolgiamo il nastro e andiamo indietro nel tempo fino ad arrivare al I secolo d.C., epoca in cui regnava l’imperatore Domiziano.

Il culto per la dea Iside a Benevento si era ampiamente manifestato e sviluppato nel II secolo a.C..
Chi era Iside? Una potente divinità dell’antico Egitto, sposa di Osiride, dea della Luna, della magia, della maternità, della fertilità e dell’agricoltura, versione esotica delle più importanti divinità romane al femminile. Il suo nome egiziano era ꜣst o Aset, che diede la base per la forma coptica ⲎⲤⲈ (Ēse) e per il nome greco Ἰσις (Isis), su cui è basato quello moderno. Il personale geroglifico è composto dal segno di un trono, che Iside indossa anche sul capo come simbolo della sua identità. L’immagine serve come fonogramma, ma potrebbe anche rappresentare effettivamente un legame con i troni.
Le origini della dea sono strettamente connesse con il ruolo del re all’interno dei testi delle piramidi, Mentre Osiride divenne uno dei miti egiziani più elaborati e influenti, Iside sin da subito ebbe un ruolo più attivo all’interno del mito, e per questo diventò uno dei personaggi letterari più complessi fra le divinità egizie. Nel tempo, Iside assorbì diverse caratteristiche da altre dee, finché, durante il periodo tolemaico, veniva spesso considerata una divinità universale.

Sembra che Domiziano fosse l’imperatore romano protetto dalla divinità egizia. Secondo la leggenda, durante i tumulti per la successione all’impero dopo il suicidio di Nerone, l’imperatore Vitellio, temendo di essere spodestato da Vespasiano, cercò di ucciderne il figlio Domiziano arroccatosi sul colle Campidoglio, a Roma. Il giovane e futuro imperatore si travestì da sacerdote isiaco e, nascosto tra la folla, raggiunse l’Iseo del Campo Marzio dove trovò rifugio. Ecco la nascita del profondo legame tra l’imperatore e la dea, che Domiziano vedeva come una madre protettiva. Il sovrano, addirittura, per atteggiarsi a faraone, si proclamò figlio della dea. Questo il motivo per cui fece erigere l’Iseo, tempio di Iside, proprio a Benevento, crocevia dei due mondi di cui si riteneva padrone unico e assoluto. Proprio lì, infatti, la via Appia e la via Latina si incontravano all’interno della città, rendendola un importante nodo delle comunicazioni fra Roma e l’Oriente.
Del tempio, a livello architettonico, non si ha traccia alcuna, ma è certo che fosse in perfetto stile egizio, con statue e sfingi importate dalla terra del Nilo risalenti all’epoca degli antichi faraoni, certamente non realizzati in loco, ma di pregevole fattezza e con tratti più coevi ai suoi tempi. La struttura risale all’88-89 d.C. e fu costruita da Rutilio Lupo. Una vera e propria novità per la popolazione del Sannio che fino ad allora era solita praticare culti pagani diversi da quelli romani e che ebbe il merito di far accorrere dall’intera regione folti gruppi di pellegrini per visitare la magnificente struttura.

Vennero eretti anche due obelischi, con l’augurio di un ritorno vittorioso di Domiziano da qualche impresa bellica, che potrebbe essere stata in Dacia o in Pannonia. Uno di questi è integro, in piazza Papiniano, e uno frammentario ma ben restaurato, posto nella ricostruzione del tempio alla fine del viale di sfingi messe a guardia del luogo sacro. Essi, eretti in concomitanza con l’inaugurazione del tempio di Domiziano, danno a Iside l’appellativo di “Signora di Benevento”: ciò testimonierebbe che, a quel tempo, il culto della dea era già presente e ben radicato in città.
Il primo fu collocato nel 1597 davanti al Duomo e vi rimase fino al 1869. Realizzato in granito rosa, pesa circa 2 tonnellate e mezzo, è alto all’incirca 3 metri, alla stregua del secondo, da considerarsi suo gemello. L’obelisco conserva geroglifici perfettamente leggibili sulle quattro facciate. Tra le altre cose, vi si legge “la Madre del Dio, Sothis, signora delle stelle, signora del cielo, della terra e del mondo sotterraneo”, e ancora “occhio del sole”, confermando il carattere sfaccettato che la dea aveva assunto da diversi secoli.

Ricostruzione del tempio di Iside di Benevento, con il viale di sfingi e i due obelischi.
Immagine di repertorio

Diversa è la vicenda del ritrovamento del cosiddetto Bue Apis, struttura rozza in granito rosso che volgarmente viene definito a bufara. L’egittologo francese Émile Étienne Guimet considerò la statua una rappresentazione della divinità egizia Api, da mettere quindi in relazione con il tempio di Iside. La denominazione fu poi usata dallo storico Almerico Meomartini e da altri. L’opera fu casualmente scoperta nel 1629 in località Maccabei, oltre il fiume Sabato, sulla strada che conduce ad Avellino, e si decise allora di farne ornamento della Porta di San Lorenzo. Per il trasporto e l’installazione dell’opera sul luogo attuale, gli operai furono pagati in natura con un chilo di cipolle e una pagnotta di pane.
Hans Wolfgang Müller, egittologo tedesco, osserva che mancano i caratteri distintivi del dio come il disco solare tra le corna, l’indicazione del sesso, non visibile per via dell’unico blocco marmoreo, e le gambe in movimento, per cui l’osservazione critica mette in dubbio che essa sia davvero un simulacro del dio egizio. A giudicare dall’esecuzione plastica, si dovrebbe assegnare la figura alla tarda età imperiale, ossia alla fine del II secolo, se non a un’epoca ancora posteriore.

In ogni caso, i numerosi elementi e rinvenimenti archeologici fanno di Benevento una delle città con maggior concentrazione al mondo di reperti egizi ed egittizzanti scoperti fuori dall’Egitto, un prezioso unicum di storia archeologica, senza dubbio il più consistente e organico apparato di manufatti egizi scoperti in Europa. Secondo Müller, forse vi erano addirittura tre templi dedicati alla dea, ossia il tempio di Iside Pelagia, protettrice dei naviganti (anche se la cosa appare molto strana per una località dell’entroterra lontana dai mari), e il sacrario di Osiride-Canopo.









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