Immagini dal Sannio: la patata interrata e i marmi rossi del Taburno

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La terra regala sempre buoni frutti, buoni per chi li sa apprezzare e rivalutare. È anche vero che il Sannio è zona di tradizioni, quelle radicate tradizioni che vengono portate avanti da generazioni e che vengono esaltate nella loro semplicità. Il Sannio, tra l’altro, è zona di cucina contadina, profumata, invitante, conviviale, fatta di antichi sapori riesaltati nella modernità dei nostri giorni, e mai messi nel dimenticatoio. E i sapori migliori provengono proprio dalla generosità della terra, dal duro lavoro dei contadini o da attività quali pascolo e allevamento. Parlando di Taburno, dobbiamo particolarmente riferirci a Cautano, la cui produzione lenta ed esclusivamente a mano, senza alcuna irrigazione, sono le caratteristiche di un meraviglioso tubero che nasce e cresce tra le foglie di felce, la patata interrata del Taburno. Può essere di buccia rossa e pasta bianca, o di buccia marroncina e pasta gialla, in ogni variante è gustosa e assai nutriente. Da qualche tempo, nel paesino sannita di Cautano è sorta una Comunità del cibo Patata interrata di montagna di Slow Food Taburno – Valle Caudina, per iniziativa di un contadino del posto, orgoglioso delle sue montagne. Cautano è un borgo di circa duemila abitanti che sorge a 400 metri di altezza sul livello del mare, tra i due massicci del Camposauro e del Taburno, quest’ultimo talmente ricco che anche Virgilio lo ha citato come monte pieno di pascoli, ulivi e vigneti. Siamo nel pieno territorio sannita, popolo fiero e testardo che sfidò l’avanzata dell’esercito romano proprio in Valle Caudina, umiliandoli nelle Forche Caudine. Il contadino di cui sopra si chiama Giovanni Auriemma, e oggi è proprio il leader riconosciuto dalla locale Comunità del cibo Slow Food composta da allevatori e produttori della patata interrata. Auriemma, a difesa del suo ricco territorio, che tanto dà e tanto può far scoprire. È un imprenditore agricolo che alleva vacche podoliche sul libero pascolo, maiali di razza locale, coltiva il rustico grano con cui fa il pane e la pizza a km zero, il vino e, ovviamente, la patata del Taburno. Fu lui il primo a credere a questo progetto, ma ora non è solo: alcuni contadini, insieme a lui, si dedicano alla produzione e al vecchio sistema dell’interramento, nascosto lungo i cigli scoscesi che consentono lo scorrimento dell’acqua nel sottosuolo, per non far inumidire la patata con le piogge, mantenendosi ben fresca come quando è stata interrata. Una combinazione di fattori notevoli, come l’altitudine, l’ambiente sano, la terra scura e polverosa fertilizzata dalle ceneri nere del Vesuvio e dalle foglie dei castagni, uno straordinario humus importante anche per le uve di Aglianico e di Falanghina. Le patate vengono raccolte con la prima luna calante di settembre, e poi si ripongono sotto strati di foglie di felce e terreno, a copertura della fossa. Vengono interrate e conservate nei mesi freddi, dopo averle fatte preventivamente asciugare in grotta o in cantina per qualche giorno, passaggio utile per l’ispessimento della buccia. La raccolta definitiva avviene tra fine febbraio e aprile, quando il tubero germogliato è pronto per essere messo a dimora.

Cautano, oltre che per la prelibata patata, è da ricordare anche, insieme a Vitulano, per i pregiati marmi che produce. L’utilizzo dei marmi di Vitulano e Cautano nell’edilizia storico-monumentale campana e nel restauro dei centri storici è molto diffuso. Le qualità di questi marmi sono state esaltate dal Vanvitelli nella decorazione parietale dello Scalone reale o della Cappella Palatina della Reggia di Caserta, il monumento che più di ogni altro al mondo doveva risplendere in meraviglia e sfarzo. Si dice che Vanvitelli, molto impegnato a ricercare i materiali più belli e preziosi, si fosse recato sul Monte Camposauro rimanendo allibito di fronte alla bellezza e alle tonalità che regalava quel marmo, al punto da far costruire una strada per trasportarlo velocemente dalle cave fino al cantiere edile della Reggia. Il marmo in questione è stato utilizzato nei migliori monumenti storici di diverse località, come il Teatro San Carlo, la Reggia di Capodimonte, fino ad arrivare all’estero, in Francia, in gran Bretagna, addirittura sulle guglie del Cremlino. Il colore rosso sangue e brillante crea un collegamento con il marmor taenarium, un rosso caratteristico della statuaria antica, circa i soggetti dionisiaci. Il marmo della cava Uria ha delle venature il cui cromatismo spazia dal grigio al rosso e offre un favoloso ventaglio di sfumature, dal bruno scuro fino al lilla, sfumature ancora oggi, sono molto ricercate dagli artisti come il vitulanese Mariano Goglia. Oggi, l’estrazione di questo prezioso materiale continua tramite accurati parametri, nel rispetto dell’ambiente storico, in un sito protetto dove ogni fase della lavorazione è allo stesso tempo antica e tecnologicamente avanzata.










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