Amedeo Ceniccola: “rispetto per medici e infermieri”

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Lettera aperta al Presidente Giuseppe Conte del Dott. Amedeo Ceniccola

Egregio Presidente Conte, sono un medico di medicina generale, sposato, con moglie e tre figli a carico, laureato nel minor tempo possibile e con il massimo dei voti e lode, due specializzazioni (Ginecologia ed Endocrinochirurgia) conseguite con il massimo dei voti e lode (ho dovuto rinunciare alla carriera ospedaliera e  a quella universitaria dopo ben 10 anni di collaborazione professionale esterna presso l’Università Federico II di Napoli  perché le “circostanze” non me l’hanno consentito) e scrivo dopo aver appreso  che ieri  centinaia tra infermieri e operatori sanitari sono arrivati da tutta Italia a Milano e si sono dati appuntamento davanti al  Duomo per chiedere al Governo di essere “rispettati” e, in particolare, di destinare maggiori risorse alla categoria per avere uno “stipendio in linea con quello di tutti gli altri Paesi europei” e, io aggiungo, almeno uguale a quello che Lei ha riservato a Matteo Ponzano (ex dj di Beppe Grillo e speaker della web tv del Movimento 5stelle) che il primo di maggio è stato assunto presso la Presidenza del Consiglio con un contratto a tempo determinato di circa 10 mila euro al mese (a tal proposito, va segnalata una precisazione dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio che sembra in qualche modo ridurre l’importo dello stipendio succitato dopo la denuncia di un quotidiano nazionale; comunque, nel prendere atto della precisazione, non posso non stigmatizzare che il sottoscritto ne guadagna circa la metà dopo 40 anni di attività e, ormai, prossimo al pensionamento).

E nell’esprimere pubblicamente tutta la mia vicinanza  ai nostri infermieri e operatori sanitari che anche in questa emergenza provocata dal virus cinese sono stati assieme ai medici in … prima linea, non posso non rivolgere un pensiero di sincera solidarietà e sentita partecipazione alle famiglie dei 14.000 cittadini morti  e fra questi le centinaia di medici di famiglia e infermieri italiani morti infettati dal coronavirus durante l’adempimento  del loro dovere.

Nel contempo, La prego, vivamente, di accogliere  ad oras le richieste che sono state avanzate e, contestualmente, di “rivoluzionare” il rapporto che intercorre tra i Medici di Medicina Generale e il Sistema Sanitario Nazionale incominciando ad estendere immediatamente anche a questi medici a servizio “degli ultimi” quelle garanzie che sono riconosciute da sempre a tutti gli altri operatori del Sistema Sanitario Nazionale.

Per farla breve, se  davvero si vuol  potenziare la medicina del territorio per impedire il ripetersi di altre tragedie come quella che si è consumata negli ultimi mesi in Val Padana è necessario, innanzitutto, affrontare e sanare il disagio esistenziale che vivono la stragrande maggioranza dei medici di medicina generale costretti a vivere una vita di “precario” senza alcuna garanzia, obbligati ad assolvere tutta una serie di doveri, etici e non, pena la ricusazione del paziente e costretti ad esercitare una sorta di “medicina difensiva” con grave danno per il bilancio dello Stato.

In altre parole, un precario (senza nemmeno il diritto di ammalarsi né di andare in vacanza) e  costretto ogni giorno a subire il ricatto della “revoca senza giustificazione”  da parte del paziente. Un precario che pur essendo considerato sulla carta un lavoratore autonomo, nella pratica invece è un dipendente a cui è  negato ogni beneficio derivante dalla “dipendenza”. E’ inutile  ricordarle che circa il 40% della retribuzione del medico di famiglia se ne va nelle molte spese necessarie allo svolgimento dell’attività medica: l’affitto o il mutuo dello studio, l’aggiornamento tecnologico e scientifico, i servizi assicurativi e le spese di gestione dello studio. Per non parlare delle penalizzazioni in materia pensionistica e degli impropri oneri della subordinazione senza alcun corrispondente beneficio. Un precario che, ancora una volta, è considerato dallo Stato un medico di serie B a cui  anche in questa emergenza provocata dal virus cinese è stato  negato il minimo indispensabile per poter svolgere in sicurezza il proprio lavoro. In attesa di una cortese risposta, l’occasione è buona per formulare i più distinti saluti.

Dott. Amedeo Ceniccola

già Sindaco di Guardia Sanframondi   









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