Gli otto re di Napoli e i Borboni dimenticati: storia di un amore mai nato

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Se passate per Piazza Plebiscito a Napoli e guardate la facciata di Palazzo Reale vedrete, incastonati nelle mura del palazzo, otto re che hanno, nel tempo, governato Napoli: Ruggero il Normanno, Federico di Svevia, Carlo d’Angiò, Alfonso D’Aragona, Carlo Quinto di Asburgo, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat e per ultimo Vittorio Emanuele II d’Aosta re dell’Unità d’Italia.

Mancano del tutto i re Borboni e lo stesso Carlo III trova posto come re di Spagna, infatti è indicato come III, al contrario come re di Napoli sarebbe dovuto essere ricordato come VII.

Gli otto re furono messi a corredo della facciata nel 1868, otto anni dopo l’unità d’Italia nel pieno della retorica postunitaria e lo stesso re d’Aosta viene raffigurato con una spada di bronzo alzata quasi a voler indicare la chiusura di un ciclo e l’inizio di uno nuovo di cui i Savoia si facevano garanti e difensori.

Una determinata scelta politica di voler cancellare i Borboni dalla storia partenopea che non faceva considerare che tutti gli altri re erano comunque stati degli stranieri che avevano governato Napoli né meglio né peggio dei Borboni.

I napoletani non hanno mai amato i Borboni nonostante che questi avessero elevato la città a capitale europea e ne avessero promosso diverse attività culturali ed economiche di tutto rispetto.

Carlo III fece costruire il San Carlo, la reggia di Capodimonte dove nacque la reale fabbrica delle porcellane conosciute in tutto il mondo, l’Albergo dei poveri che doveva ospitare fino ad ottomila poveri provenienti da tutto il regno, un esperimento sociale volto a dare non solo assistenza ma ad insegnare un lavoro ai diseredati che vi confluivano.

Carlo III sul modello del bisnonno, il Re Sole, decise di farsi costruire una reggia sul modello francese di Versailles: la Reggia di Caserta.

Il figlio Ferdinando IV diede avvio all’industrializzazione del regno facendo costruire a San Leucio, alle porte di Caserta, delle seterie che lavoravano la seta prodotta dai bachi allevati nella piana casertana e ospitando nelle prime case operaie costruite in Italia le famiglie che lavoravano alla seteria.

Il penultimo re Ferdinando di Borbone nel 1840 per affrancare il Regno delle Due Sicilie dalla supremazia tecnica inglese e francese, fece costruire le officine di Pietrarsa per la costruzione dei treni e il primo tratto ferroviario italiano, la linea Napoli‐Portici, inaugurata il 3 ottobre 1839.

L’ultimo re fu Francesco II detto Franceschiello, per la sua giovane età, che lasciò Napoli con una frase storica rivolta al popolo: “Sono più napoletano di voi”.









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