“Tu scendi dalle Stelle”, la Teologia in musica di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

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Immancabile e attesissima nelle chiese, nelle scuole, nelle case e nei riti natalizi è Tu scendi dalle stelle, uno dei più popolari motivi di Natale italiani che altro non è che la versione italianizzata della napoletana Quanno nascette Ninno, composta nel 1754 da sant’Alfonso Maria de’ Liguori, un grande sacerdote ma anche un notevole musicista e compositore, nonché il primo ad avere osato nell’utilizzare il dialetto napoletano per un canto religioso. Sant’Alfonso fu dottore della Chiesa e fondatore della Congregazione Redentorista, vescovo di Sant’Agata de’ Goti dal 1762 al 1775, titolare di una diocesi di fondazione antichissima. Tu scendi dalle Stelle è detta anche Pastorale per la sua melodia legata principalmente al suono della zampogna dei pastori abruzzesi durante la transumanza, e nel corso degli anni ha subito diversi arrangiamenti, rimanendo comunque fedele alle sue linee iniziali. Un testo formato da strofe di sette versi ciascuna, scritto con parole semplici che raccoglie insieme il racconto della storia della nascita di Gesù, pietà, tenerezza e devozione popolare al Bambino, e la teologia che ci spiega che questo bambino è nato in vista della propria morte in croce per noi e per la nostra salvezza e che non è stato così tanto amato e rispettato come lui invece ha fatto con noi. Le sue origini sono antichissime, il testo come già detto è l’italianizzazione di Quanno nascette Ninno. In origine il canto si chiamava Per la nascita di Gesù e così fu pubblicato nel 1816. Tu scendi dalle stelle, così descrittiva, così poetica ed emozionante, è considerata pura teologia in musica.

Sulla data di composizione del canto natalizio Tu scendi dalle Stelle, sembrano essere tutti d’accordo, mentre sul luogo dove Alfonso Maria de’ Liguori l’avrebbe composta questo accordo non c’è. Da una parte si dice che Sant’Alfonso avrebbe composto il brano a Deliceto, in provincia di Foggia, nel convento della Consolazione. Secondo un’altra linea di pensiero, invece, pare che l’avrebbe composto a Nola dove si recò per un ciclo di predicazioni nella casa di don Michele Zambaldelli. Si tratta sicuramente di uno dei classici canti di Natale della tradizione italiana, forse uno dei primi canti che si imparano da piccoli e che rimangono nel cuore.

Papa Clemente XIII volle Alfonso a Sant’Agata de’ Goti come vescovo nel 1762, contro la sua volontà dato che era già molto anziano. Una volta arrivato nella cittadina sannita, Alfonso restò impressionato da ciò che vedeva e udiva. Era molto diffusa la pratica della bestemmia, oltre a un elevato numero di prostitute, e vide molta miseria tra i contadini oltre che molta corruzione nel clero locale. Parlò di Sant’Agata come “città infetta” e subito si ripromise che tutto sarebbe cambiato e che lui stesso sarebbe riuscito nell’intento. Partì da una profonda riforma della diocesi, imponendo ai preti l’obbligo, durante la confessione, di usare con i peccatori dolcezza e non durezza; ricostituì il seminario smantellando qualsiasi alleanza esistente, dette nuove regole ai monasteri femminili facendo arrivare in paese alcune suore redentoriste, creò opere sociali e associazioni dedicate a zitelle, sacerdoti e bambini. La cosa più evidente e più importante fu che tutti i cittadini di Sant’Agata cominciarono ad amarlo soprattutto per la generosità con cui si prodigava a far fronte alle necessità e ai bisogni di una popolazione indigente e molto bisognosa. Nel gennaio 1764 il Regno di Napoli fu colpito da un tremenda carestia e Alfonso, che in qualche modo l’aveva prevista, corse ai ripari prima che fosse troppo tardi. Già qualche mese prima, vedendo una fila di mendicanti, fece riempire di cereali e legumi il palazzo episcopale, in modo che quelle provviste tornassero utili quando il pane sarebbe scarseggiato. Al palazzo episcopale iniziarono a presentarsi 500 persone al giorno e il vescovo si rese conto di essere riuscito nel suo buon intento. Alfonso dunque fece tutto il suo meglio per limitare le sofferenze della popolazione sannita, vendette addirittura la propria carrozza, l’anello vescovile, la croce pettorale in oro e le posate di argento di sua proprietà. Grazie al suo impegno, ottenne che fosse calmierato il prezzo del pane e favorì misure per rilanciare l’economia di Sant’Agata e dintorni. Costituì, inoltre, la bellissima chiesa dell’Annunziata in una chiesa parrocchiale per le popolazioni rurali della campagna santagatese. Ormai tutti lo adulavano, lo ringraziavano e lo amavano e la sua fama di santità crebbe a vista d’occhio tanto che addirittura gli vennero attribuiti numerosi miracoli.









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