La Valle Telesina, una grande città fra Taburno e Matese

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Immagina queste due grandi catene montuose che caratterizzano il Sannio beneventano e quello matesino, il Taburno – Camposauro, massiccio calcareo dell’Appennino campano, e il Matese, appartenente all’Appennino sannita. All’interno vi è una grande distesa di comuni. Piccoli e medi paesi che insieme formano una unica entità, in una grande vallata che prende, appunto, il nome di Valle Telesina. Una valle, e venti comuni, tanti idiomi, tante caratteristiche e tradizioni diverse. Una grande area attraversata da tre importanti corsi d’acqua: il Volturno, che dalla zona molisana, alle pendici del Monte Rocchetta, percorre un lungo tratto campano per sfociare nel Golfo di Gaeta; il Titerno, con una lunghezza complessiva di circa trenta chilometri che sfocia nel Volturno; il Calore che rappresenta uno dei fondamentali fiumi dell’Italia Merdionale e che si caratterizza per il suo percorso tortuoso. Se volessimo suddividere geograficamente le aree interne della Valle, potremmo farlo parlando della Valle del Basso Calore Beneventano, della Valle del Titerno, della Valle del torrente Seneta, della Valle del Medio-Basso Volturno. Non ci resta che percorrere brevemente queste aree, in pillole di cultura e bellezza.

VALLE DEL BASSO CALORE BENEVENTANO – Ponte sorge su un’altura che dominava un tratto obbligatorio della Via Latina, quell’importantissimo percorso che da Roma, dopo aver attraversato l’antica città di Telesia, giungeva a Benevento. Con molta probabilità il nome deriva da un ponte in pietra, ad pontem lapideum, l’unico costruito con tale materiale, edificato dai Romani sul corso del torrente Alenta, quando si getta nel Calore, i cui resti sono ancora oggi visibili. Adiacente all’area del ponte, nel IX secolo sorse il Monastero di Sant’Anastasia, monumento longobardo per eccellenza della Valle Telesina, che nei secoli X e XI, era divenuta punto di riferimento per gli abitanti del luogo e per i numerosi viandanti; da qui passavano i pellegrini diretti al Santuario di San Michele, sul Gargano, e qui essi riposavano. Dopo l’XI secolo, quando l’abbazia venne saccheggiata, preda di numerose incursioni, i superstiti si spostarono sulla sommità della vicina collina, dove edificarono un castellum con cinta muraria. Oggi possiamo ancora vederne le quattro torri. Paupisi, alle pendici del vicino Monte Pentime, è un antico casale di Torrecuso. Una delle più importanti caratteristiche di Paupisi, da visitare, è il Funnico, un edificio che nel periodo medievale era destinato all’alloggio dei mercanti forestieri, deposito di merci e luogo di contrattazione. Cecatielli e Padellaccia sono piatti tipici del paese. I primi sono una pasta fatta rigorosamante a mano con farina di grano, quindi un piatto povero, tradizionalmente accompagnato da un sugo a base di carne. La Padellaccia, invece, è un piatto tipico che proviene dall’usanza della macellazione del maiale, i cui pezzi migliori venivano destinati alla conservazione e, nella giornata della macellazione, le parti meno nobili venivano fritte in olio di oliva, insaporendole con vino, peperoni e patate. Il tutto accompagnato da un buon bicchiere di Aglianico. Solopaca è Città del Vino, come tante altre della Valle, e qui è presente una delle più antiche Cooperative agricole della Campania, La Cantina di Solopaca che, con i suoi 120 mila ettolitri di vini prodotti, è ai primi posti nella produzione regionale. Nel suo territorio, già nel 1100 alcuni documenti parlavano dei vuttari di Solopaca, coloro che avevano a che fare con le botti di vino, le votti, appunto. I suoi vigneti sono ubicati in un vasto comprensorio che parte da Solopaca e coinvolge altri sedici comuni limitrofi, raggiungendo una superficie vitata totale di circa 1.300 ettari. Qui viene coltivato il Solopaca DOC, primo vino nel Sannio ad aver ottenuto il riconoscimento di origine controllata. Ed è proprio a Solopaca che si svolge una delle più importanti manifestazioni legate al vino, la Festa dell’Uva, che fin dalla sua prima edizione del 1979, si caratterizza per uno scenario unico e suggestivo, con la sua sfilata dei carri preceduta dalle autorità con i gonfaloni dei comuni confinanti, seguiti dal corteo storico di sbandieratori e musicanti. 

San Lupo è un vero e proprio cuore pulsante incastonato nella pietra. Il suo centro storico è molto caratteristico, fatto di antichi vicoli, viuzze, stradine e piazzette, con archi e pontili realizzati in pietra levigata locale dagli abili scalpellini del posto, detta perlato di San Lupo. E infatti la pietra la troviamo ovunque, passeggiando per il caratteristico borgo: strade, portali, architravi, fontane, il famoso ponte delle Janare, che lega il borgo alla tradizionale presenza di Janare e streghe e riti sabbatici, leggenda che vede protagonista una giovane figlia di un demone e una strega, il cui corpo venne risucchiato dal fiume e il cui fantasma è ancora possibile “sentire”. A proposito di pietra, storica è la Fontana Sant’Angelo, sita in un luogo dove sorgeva un monastero benedettino, realizzata nel 1614 in pietra sanlupese, con tre getti d’acqua intervallati da mascheroni e da una figura femminile. Sulla fontana sono inseriti due stemmi araldici e delle scritte in latino che invitano i pellegrini a dissetarsi: “Hospes si nescis haec levat unda sitim”. L’altra interessante e bella fontana è la Fontana Capodacqua, con nove getti d’acqua, che scrosciano impetuosamente da quattro rosoni e altrettanti mascheroni in pietra, con al centro una sirena bicauda. La prima testimonianza di San Lorenzo Maggiore risale all’epoca preistorica: si tratta della famosa mandorla di Chelles, oggi conservata nel Museo della società antropologica a Parigi, reperto trovato nel 1915 in località Limata, antico borgo che sorgeva nei pressi del fiume Calore, con una cappella dedicata a Santa Maria di Limata: si tratta di una scheggia di quarzite levigata dall’uomo primitivo che probabilmente veniva usata per squartare e scuoiare animali. Limata è il primo centro abitato di San Lorenzo, e qui transitava la Via Latina. Il suo centro storico è caratterizzato da stradine in pietra bianca e scalette, con le quattro porte di accesso, di cui una, Porta Valle, perfettamente conservata. San Lorenzo Maggiore è rinomata per la produzione di olio extravergine di oliva DOP e DOC; tra i suoi uliveti sono presenti la racioppella, l’ortice, l’ortolana o Bella di San Lorenzo. La qualità del suo olio è certamente legata al particolare tipo di suolo, ma è anche alla metodologia di coltivazione, al clima, tutti elementi che danno oli dai sapori tipici e unici, tali da aver ottenuto il riconoscimento DOP. Amorosi si affaccia sulle fresche acque del fiume Volturno, e conserva delle perle architettoniche di rara eleganza e bellezza, a cominciare dalla sua chiesa parrocchiale, la chiesa di San Michele Arcangelo, di epoca settecentesca, il cui alto campanile a base quadrata, sormontato da un cupolotto maiolicato, viene considerato il vero e proprio simbolo del paese. Soprannominato Palazzo della Camera Marchesale, il Palazzo Piscitelli fu spesso dimora dei feudatari e attualmente di proprietà della famiglia Piscitelli. Costruito nel 1775 da Giuseppe Maturi, Palazzo Maturi è un altro esempio di eleganza architettonica di Amorosi. Nacque come una domus rustica e fu acquisita dal Comune di Amorosi nel 2006. Il 16 marzo 2014 è stato adibito a Casa Comunale. Nella sua struttura sono ospitati il Polo Culturale e Museale della Fondazione Allori, che accoglie un’importantissima collezione di immagini e cimeli della Storia d’Italia dalla fine dell’800 al 2000. La Cappella di San Giuseppe è caratterizzata da colori assolutamente belli ed eleganti, sinuosi e intensi allo stesso tempo.

Immagine tratta da Grande Carta Stradale d’Italia del Touring Club Italiano

VALLE DEL TITERNO – Pietraroja è un piccolo borgo montano matesino, famoso in tutto il mondo per questioni geologiche, tanto che oggi è considerato un vero e proprio museo all’aperto. Ciro è uno dei ritrovamenti più straordinari legato a questo piccolo borgo di poche centinaia di abitanti. Si tratta di un cucciolo di dinosauro dal peso di 200 grammi e vissuto 113 milioni di anni fa, che ha fatto del centro matesino la sede di un ente geopaleontologico di grande rilevanza, il cui museo è stato allestito addirittura da Piero Angela. In passato, ossia milioni e milioni di anni fa, in questo territorio vi era una piccola laguna le cui particolari condizioni ambientali e geologiche hanno permesso la conservazione degli organismi marini e terrestri che tutt’oggi possiamo ammirare come reperti fossili. Nell’Annuario generale del Regno del 1933, Pietraroja era indicata come “località alpestre, di rigidissimo clima, alle falde del Monte Mutria”. ove “si producono ottimi prosciutti che vengono esportati“. Il Prosciutto di Pietraroja è riconosciuto come PAT – Prodotto Agroalimentare Tradizionale dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Campania. È caratteristico per la sua essiccazione naturale, la lieve affumicatura e una morbida consistenza. Cusano Mutri si trova in un contesto naturalistico e paesaggistico davvero notevole, gode di ampi e distesi spazi verdi, vallate in cui pastorizia e allevamento di bovini e ovini la fanno da padroni. Ecco, quindi, che formaggi, caciocavalli, caciotte, prosciutti, salumi tipici prendono vita dalle sapienti mani degli artigiani della gastronomia locale. I suoi numerosi sentieri e campi incontaminati sono meta di turisti estivi che cercano riparo nel perido di forte afa e calura, e turisti invernali che amano passeggiare negli innevati spazi bianchi cusanesi, dove qua e là sorgono molte fattorie e aziende agricole che soddisfano il palato sopraffino dei buongustai, con la loro genuina e semplice ospitalità. Le ampie distese e i bellissimi paesaggi naturalistici sono la meta ideale per gli amanti del trekking a cavallo. Cusano è una perla che gode della protezione del Monte Matese, in particolare del Monte Mutria e dei percorsi naturalistici che offre. Le sue forre, la Gola di caccaviola, le Gole di Conca Torta, sono un incanto per occhi e cuore. Il suo centro storico, caratterizzato dalle sue tipiche case bianche in pietra, è un vero dedalo di viuzze e scalinate da salire e scendere e poi risalire, ma da cui, all’improvviso, si affacciano slarghi, piazze e chiese. Cerreto Sannita è un rinomato gioiello del Sannio, alle porte del Parco regionale del Matese, ricco di storia, cultura e fascino, dapprima feudo della famiglia Sanframondo, poi dei Carafa che la eressero a “Civitas totius superioris state metropolis”, ossia città capoluogo della contea superiore, Cerreto Sannita è “Città di fondazione” in quanto, dopo il terremoto del 5 giugno 1688, che distrusse completamente la città medievale e molti paesi vicini, non fu ricostruita seguendo il modello del paese distrutto, ma uomini lungimiranti, come il Conte Marzio Carafa e il Vescovo De Bellis, decisero che bisognasse partire da zero, costruendo il paese leggermente spostato rispetto al sito originario, dando all’architetto Giovanni Battista Manni ampia libertà nella nuova progettazione. Il suo centro storico regala bellissimi e suggestivi scorci, in stile tardo barocco, e le sue strade si intersecano sul modello romano di cardini e decumani. Tante le sue chiese, tra le quali primeggia certamente la Cattedrale, opera di Bartolomeo Tritta. Cerreto Sannita vanta una gloriosa fama in campo artistico grazie alla produzione ceramica che caratterizza la cultura del borgo, cosa che l’accomuna alla vicina San Lorenzello, altro piccolo borgo che si caratterizza per le sue piccole, eleganti e deliziose piazzette, strette stradine, antichi palazzi signorili risalenti al XVII- XVIII secolo, che fanno di questo antico paese un vero e proprio gioiellino sannita. Centro natale del maestro ceramista Nicola Giustiniani, considerato uno dei più grandi del settore del 1700, figlio di Antonio, egli stesso ceramista, il borgo conserva intatta, nelle sue botteghe, la tradizione ceramica che da secoli viene tramandata da padre in figlio e che si manifesta nella produzione di acquasantiere, zuppiere, vassoi, anfore, mattonelle e altre caratteristiche opere d’arte. Oggi i maestri figulini laurentini riproducono l’antica e meravigliosa arte ceramica, attirando l’interesse di visitatori, studiosi e amanti del bello. È rinomato anche per la consistente e ottima produzione di olio extravergine d’oliva, l’oro verde del Titerno, e dei taralli, una sorta di biscotti salati fatti di acqua e farina, nati col nobile scopo di far fronte alla fame che colpiva le persone più povere nel 1400, nelle loro varianti all’olio d’oliva, al pepe, al vino, ma anche dolci, allo zucchero e glassati. 

San Salvatore Telesino originariamente corrispondeva all’antica Telesia Sannitica e alla Telese nota come colonia romana, di cui fece menzione lo storico Tito Livio, i cui resti sono oggi visibili in un parco archeologico, lungo la Piana Vagnara, che conserva, appunto, le antiche rovine della città romana. Qui si può ammirare il circuito delle mura perimetrali in opus reticolatum, ove si aprivano le quattro porte principali di accesso alla cittadina, più alcune secondarie, sull’antica Via Latina che univa Telesia a Beneventum, le torri difensive di forma cilindrica e i resti di una basilica paleocristiana con monumento funerario, oltre a quelli di un edificio termale, peculiarità già dai tempi antichi di tale territorio. Qui si trovano anche i resti dell’anfiteatro, di cui si possono ancora riconoscere cavea e gradinate, ove si poteva assistere a spettacoli di gladiatori e naumachia, del teatro e dell’acquedotto. Per volere dei Sanframondo, di cui fu feudo, su di un colle che sovrasta l’abitato fu costruita, nel XIII secolo, la Rocca, di cui oggi sono visibili i ruderi, in una posizione strategica sulla Valle Telesina (stessa strategia usata con il castello di Guardia Sanframondi). Il primitivo borgo di San Salvatore Telesino, col nome di Casale di San Salvatore, a testimonianza della sua dipendenza monastica, ebbe origine e si sviluppò a partire dal X secolo, sotto la dominazione longobarda, intorno all’Abbazia. Faicchio è un borgo dall’anima classica, ove èmolto sentito il culto micaelico. Qui sorge il piccolo abitato di Fontanavecchia, dove si trova una grande fontana con abbeveratoi, segno tipico di una zona che si trova lungo una strada di passaggio, magari territorio di andata e ritorno di pastori, o di lavoratori che andavano e tornavano. Nei pressi della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli è visibile l’ingresso di un acquedotto ipogeo risalente intorno al III sec. a.C., che ancora oggi si può percorrere per una lunghezza di circa 1160 metri, scavato alle falde del Monte Monaco di Gioia e che viaggia al di sotto del centro storico di Faicchio. Esso fu intercettato, esplorato e rilevato, tra il 1993 e il 1994, dal Gruppo Speleologico del Matese. È stata avanzata l’ipotesi che si trattasse addirittura di una magnificente opera preromana che raggiungeva il centro di Faicchio sia per dissetare la popolazione, sia per l’irrigazione. A circa tredici metri dal livello del corso del torrente Titerno, troviamo un antico ponte intitolato al condottiero e dittatore romano Quinto Fabio Massimo, noto come il Temporeggiatore, costruito per arrestare l’avanzata di Annibale durante la Seconda guerra punica, e per portare avanti la sua tattica militare preferita. La struttura è frutto di una serie molteplice di interventi edificatori e di adattamento operati dai Romani su una preesistente struttura, forse sannita.

Guardia Sanframondi, foto di Barbara Serafini

VALLE DEL SENETA – Partiamo da Guardia Sanframondi, il cui nome deriva da Warda, ossia luogo di guardia, di vedetta, sfruttando l’elevata e strategica posizione collinareE, proprio da questa bella collina, si riesce a dominare con lo sguardo tutta la Valle del medio e basso corso del fiume Calore. I conti Sanframondo dotarono Guardia di un enorme castello che permetteva il controllo dell’intera vallata, baluardo dell’intero sistema di difesa sannita. Il Castello è un po’ il simbolo storico e architettonico di Guardia, che nel tempo ha assunto una sagoma da palatium. Guardia Sanframondi è un borgo ricco di storia, cultura, tradizioni. Basti ricordare la fiorente attività della Guardia delle sòle, quella dei conciatori di pelle, e il richiamo alla bellissima chiesa di San Sebastiano non può sfuggire. Terra di vini di eccellenza, borgo della rinomata Falanghina, il suo centro storico è stato recentemente ristrutturato e in parte riportato alla sua originaria bellezza. Guardia è la protagonista di un noto fenomeno di glocalizzazione: molti gli stranieri, per lo più americani, inglesi, scozzesi, che l’hanno scelta come borgo in cui trasferirsi, restare e vivere. Il culto verso la vergine dell’Assunta la rende popolare per i famosi Riti Settennali che richiamano tutti i guardiesi sotto il manto protettivo della Madonna, in una delle manifestazioni religiose più toccanti e commoventi della sfera religiosa. Castelvenere è circondata da colline ricche di vigneti e di uliveti, rigogliose e verdeggianti, fra cantine tufacee, nel cui interno la temperatura e l’umidità si mantengono sempre costanti, per cui sono considerate il luogo ideale per la vinificazione e la conservazione del vino. Si tratta di un antico centro agricolo, piccolo borgo che nasconde un forte senso di comunità e identità. Un borgo attorniato da viti, ettari ed ettari di terreni agricoli che l’hanno fatta riconoscere come comune più vitato del Sud Italia, un borgo rurale che fonda la sua economia sull’agricoltura stessa, e più precisamente sulla viticultura. È patria di San Barbato, vescovo di Benevento, responsabile della diffusione del Cristianesimo tra la popolazione dei Longobardi, che abbatté il mitico Noce di Benevento, intorno a cui si riunivano le streghe per compiere riti magici. La città di Telese Terme è il più rinomato centro termale e turistico della Valle Telesina, con le sue sorgenti di acqua sulfurea che danno origine alle terme, tra le più importanti della Campania. Le origini della cittadina del Sannio vanno ricercate nella città romana di Telesia, centro di notevole importanza che nel 215 a.C. fu alleata di Roma, in quanto urbs foederata e i cui ruderi archeologici si trovano nella vicina San Salvatore Telesino, l’antica Telesia, appunto. Le acque di Telese hanno una tradizione che risale a tantissimo tempo fa e origini antichissime. Il complesso idrotermale, sito in piazza Minieri, che è il nome della famiglia che lo ha in gestione dalla fine del 1800, è costituito da un vasto parco dove sorgono diverse strutture. Nel passato era protagonista della storia telesina il Treno dei bagnanti che, all’arrivo alla stazione ferroviaria di Telese Terme, grazie a uno snodo, convergeva nel viale cittadino e portava direttamente nel parco delle Terme. Tutto ebbe inizio con il terremoto del 9 settembre 1349, quando vi fu la scomparsa di Telesia per diversi secoli ma anche la comparsa delle sorgenti sulfuree che si rivelarono molto utili e valide per la cura delle malattie della pelle, degli apparati digerente e respiratorio e dei reumatismi.

VALLE DEL MEDIO – BASSO VOLTURNO – Puglianello è un piccolo borgo, prettamente agricolo, in cui antichi sapori e tradizioni danno la possibilità di vivere appieno e apprezzare il bel cuore storico del paese. Nel bel mezzo del paesino fa bella mostra di se l’antico Castello dei Baroni, che nel corso degli anni ha subito svariate ristrutturazioni ed è attualmente suddiviso in varie unità abitative. Si tratta di un fortilizio a pianta tipicamente rinascimentale, rettangolare ma con forma quasi quadrata, a corte chiusa, con delle torri angolari a pianta cilindrica caratterizzate da scarpate fino al cornicione. Quella verso Nord è anche la meglio conservata. Una struttura in tufo giallo, materiale molto facilmente reperibile in zona, con un antico porticato nel cortile interno. Anche Melizzano non si discosta dall’aspetto tipicamente rurale, un tempo feudo di proprietà del conte di Caserta. E anche qui è possibile trovare un casetllo, oggi di proprietà privata, di notevole interesse dato che conserva ancora la sua fisionomia originaria, caratterizzato dalla merlatura ghibellina che corre lungo tutta l’architettura. Nel cortile interno del fortilizio è possibile ammirare delle belle arcate ogivali di gusto gotico. Il toponimo Frasso Telesino deriva da terra frassorum o castrum fracti, probabilmente originato da fraxinus, l’albero raffigurato nello stemma civico. Con l’Unità d’Italia vi fu aggiunto l’appellativo Telesino per distinguerlo dagli altri centri omonimi. Secondo la tradizione popolare il paese fu fondato da coloro che si salvarono alla distruzione di Telesia del 1349. Molto importante è la chiesa di San Michele Arcangelo, posta sulla sommità del Monte Sant’Angelo, dedicata al santo guerriero, il cui culto fu introdotto nel territorio frassese dai Longobardi allorché si convertirono al Cristianesimo. Anche Dugenta è adagiata sul percorso del Volturno, e anche qui possiamo imbatterci in un Castello normanno – svevo, fondato intorno all’anno 1000 sopra un’altura, ove nel 1648 fu rinchiuso il duca di Guisa, catturato mentre fuggiva da Napoli. Prodotto tipico della zona è il cinghiale e la sagra che lo celebra ha una storia molto lunga e intensa. La sagra si tiene ogni anno da settembre a ottobre, nei fine settimana, quando si approntano delle vere e proprie accoglienti trattorie all’aperto, in un’atmosfera di festa campestre e rurale. Limatola è un Borgo Autentico d’Italia, rinomato per la sua posizione collinare, a guardia del corso del fiume Volturno, e per la sua aria salubre e fresca. Il nome deriva da limata, in latino limatula, che indica della sabbia o un luogo sabbioso. Si indicherebbe, in questo caso, una terra limacciosa, fertilizzata dal fiume. Certamente il suo castello è l’elemento più caratterizzante del borgo, sito nella parte alta del centro storico, su una collina, in posizione strategica. Un maniero edificato dai Normanni sui resti di una torre longobarda. Una struttura che in epoca rinascimentale, a seguito di alcuni lavori di ristrutturazione, fu trasformato in una dimora signorile. Tra le presenze più caratteristiche dello storico borgo sannita sono certamente le sue fontane, numerose grazie alle tante sorgenti che si trovano nel territorio cittadino. Le principali sono quella di Margherita de Tucziaco e quella di Biancano, entrambe fornite di abbeveratoi per animali e di lavatoi in pietra risalenti al XVII sec.









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