Immagini dal Sannio: da San Lupo a Baselice, nella stregata terra delle janare

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San Lupo, particolare della effige mosaicata raffigurante la leggenda delle janare in largo Belvedere, foto di copertina di Pasqualina Giusto

È una terra stregata, quella sannita, e tutti conosciamo l’antica leggenda secondo la quale a Benevento, capoluogo del Sannio campano, streghe e janare, esseri diabolici, si riunivano nei pressi di uno storico noce per compiere riti sabbatici. Tante, tantissime sono le storie, le leggende e le testimonianze misteriose, talvolta sanguinarie, in cui è possibile imbattersi nell’intero territorio sannita. Se non ne eravate al corrente, ora lo sapete. Vi invito, dunque, a seguirmi in questo sinistro viaggio soprannaturale, alla scoperta di due piccoli borghi dell’entroterra della Campania, San Lupo e Baselice.

Il primo è un piccolo centro di circa 800 abitanti, il cui nome, con ogni probabilità, trae origine dal vescovo francese San Lupo di Troyes, proprietario del monastero dei Santi Lupolo e Zosimo. È un delicatissimo ed elegante borgo in pietra, molto grazioso, caratterizzato da stretti vicoli, qua e là abbelliti da archi e pontili, ove sorgono portali di architetture civili interamente realizzati in pietra locale da scalpellini del posto. La principale chiesa del paese è quella dedicata a San Giovanni Battista, nel suo caratteristico colore giallo, nel cui interno è la statua a mezzo di busto di San Lupo realizzata dallo scultore Giacomo Colombo nel 1708. Il campanile è sormontato da un cupolino con embrici maiolicati gialli e verdi. Molto fine, bella ed elegante è la fontana Sant’Angelo, realizzata, sempre in pietra locale, nel 1614. Ha tre getti d’acqua intervallati da mascheroni e da una figura femminile, e nel frontone sono siti due stemmi e delle scritte in latino che invitano i pellegrini a dissetarsi. La fontana è posta nel luogo in cui, in passato, sorgeva un monastero benedettino. Delizioso e settecentesco, invece, è il Palazzo Iacobelli, che ospitò Ferdinando II delle Due Sicilie presso il noto imprenditore del paese, Achille Iacobelli.

Il borgo, immerso in un territorio ricco di vigneti e oliveti, è rinomato per la leggendaria presenza delle janare che agivano di notte, entravano nelle case attraverso le fessure di porte e finestre e avevano come obiettivo quello di vendicarsi di azioni cattive ricevute o affermare la propria femminilità repressa dalla società. Le vittime preferite delle janare erano i bambini. Queste diaboliche creature, infatti, li paralizzavano e soffocavano, storpiandoli o uccidendoli. A tal proposito è usanza ancora oggi, a San Lupo, allestire un cuscinetto detto abbetielle con sopra oggetti di metallo, fierr’ e acciaje, l’immagine di un santo protettore ed erbe incantate che le mamme appendevano al collo dei loro figli, come simbolo di protezione e amuleto contro i sortilegi. Un altro espediente era ed è quello della scopa di saggina e del mucchietto di sale messo davanti alle porte per ingannare e allontanare le streghe malefiche. Proprio a San Lupo si trova il torrente delle janare, attraversato da un ponte in pietra, detto appunto Ponte delle Streghe o Ponte delle Janare. Le leggende medievali raccontano che, nel torrente, dopo una notte di sfrenati riti sabbatici, fu rinvenuta una neonata che, recuperata, fu adottata da una coppia che non aveva figli. La bambina era frutto dell’unione amorosa tra un diavolo e una strega. Divenuta una ragazzina, cominciò a svolgere l’attività pastorale, e da brava pastorella frequentava il bosco del borgo. Un giorno, mentre portava a pascolare le sue greggi, durante un bagno nell’acqua fresca del ruscello, attirò l’attenzione di un nobiluomo che arrivava da Limata, antica città del posto, oggi scomparsa. Questi si invaghì perdutamente della bellissima ragazza ma, rifiutato dalla fanciulla, per vendicarsi sparse la voce di averla veduta compiere pratiche demoniache in compagnia del diavolo stesso. La gente s’impressionò, si spaventò e, infine, si rese necessario prendere una terribile decisione: affogare la giovane donna nell’acqua mentre pascolava vicino al torrente, gettandola dal Ponte delle Streghe. Mentre il corpo morto della donna veniva buttato nel ruscello, si formò un vortice che risucchiò velocemente la povera pastorella giù in profondità. Il corpo non fu mai ritrovato. Qualche tempo dopo l’accaduto, furono in molti a giurare di aver visto il fantasma di una ragazza nuda danzare sulle rocce del torrente e tuffarsi nel momento in cui qualcuno avesse tentato di avvicinarla. Molti anni dopo, un giovane discendente dalla famiglia dell’anziano signore di Limata fu attratto da quella apparizione e durante una notte, vedendo la ragazza tuffarsi, la seguì. Anche il suo corpo, come quello della sventurata fanciulla, non fu mai ritrovato.

Baselice è un altro centro agricolo tra il fiume Fortore e il vallone Maltempo, situato nella parte più settentrionale della provincia di Benevento. Il terreno su cui sorge è ricco di depositi di pozzolana e banchi di tufo grigio. Sull’origine del suo nome sono state formulate varie ipotesi. Alcuni studiosi sostengono che Baselice potrebbe derivare da basilica, l’edificio in cui i cittadini tenevano le loro assemblee e svolgevano le proprie attività commerciali. Altri sostengono che potrebbe aver avuto origine da basilicus, parola longobarda che indicava colui che portava gli ordini del re. In epoca angioina, il borgo assunse il nome di Castrum Basilicae, in seguito Castrum Basilicis, e, infine, Baselice. Uno dei monumenti di maggiore interesse del borgo fortorino è Palazzo Lembo, dal 17 novembre 2011 una delle 1.000 meraviglie d’Italia, nato probabilmente nel corso del Seicento dall’ampliamento del castello intorno al quale sorgeva il nucleo originario di Baselice. Porta da Capo, attraverso la quale si accede all’antico borgo medievale, ha un doppio arco ogivale e uno stemma con la stadera dei Carafa. Nel centro storico è conservato quasi intatto l’aspetto di un tempo: palazzi antichi, case di contadini, granai, la pietra della gogna, la Torre del Capitano. Dal borgo si esce attraversando la Porta da Piede. Anche il resto della cittadina riserva piacevoli sorprese, come i Sassi baselicesi. Prodotti tipici del posto sono cereali, vino, olio e frutta, Molto famoso, fra i vini, è il Moscato.

In questo borgo medievale nella valle del Fortore si narra la leggenda della janara Maria ‘a Roscia e della strega Coletta che fu uccisa dai contadini dopo un maleficio. Baselice è l’unico comune in Italia a essere conosciuto per la scuola di stregoneria ed è meta di molti visitatori curiosi di conoscere questi misteri. Originaria di San Bartolomeo, nel suo paese natìo Maria non aveva trovato marito. Dicevano che fosse una janara, eppure era una bellissima donna alta, dai capelli arruffati di colore rosso rame, con le fattezze tipiche di una strega. La sua capigliatura era sempre abbellita da una forcina d’argento, e indossava quotidianamente un foulard incrociato al petto, al collo una cannacca d’oro e degli orecchini d0oro a cerchio, oltre a uno spillone metallico dalle sembianze di serpente. Un giorno alla fiera del bestiame di Lucera conobbe Leonardo, un ragazzotto di Baselice di cui si innamorò. I due si sposarono e andarono a vivere nel piccolo borgo del territorio fortorino. Maria era capace di preparare pozioni con cui guariva le persone, così mise a disposizione degli abitanti del paese la sua arte magica dando vita a una vera e propria scuola di stregoneria. Da quel momento tantissime donne cominciarono ad arrivare a Baselice per frequentare quella misteriosa scuola clandestina, portando con sé anche i bambini per curare i loro “guasti”. Se avvenivano le guarigioni mediante gli intrugli lì preparati, tutti erano in accordo, pace e amore. In caso contrario, si elevava odio eterno verso le streghe.

Moderna rappresentazione di una janara, foto tratta dalla pagina Facebook La Ruota dell’Anno

La scuola si trovava in un luogo impervio, sul Toppo delle Fate, inaccessibile anche agli abitanti: proprio lì si imparava a preparare le ricette di unguenti, filtri e intrugli. Per potervi accedere era necessario giungervi nella notte tra il venerdì e il sabato, scivolando lungo i tetti delle case, finché suoni melodiosi o odori acri attiravano il malcapitato. Tra le arti della scuola, oltre alla cura dei bambini, vi era quella di far abortire giovani donne gravide, scatenare tempeste, o far impazzire i bambini e provocare distruzioni di interi raccolti. Per fortuna le janare sapevano anche guarire dalle peggiori malattie. Baselice, tra i fatti di cronaca vissuta, annovera una storia particolare che vede protagonista una donna chiamata Coletta che viveva in paese negli anni ’30 del secolo scorso, e viveva grazie alla sua attività di fattucchiera e indovina. Un giorno alcuni cittadini, stanchi e ossessionati da questa figura istrionica, decisero di eliminarla fisicamente, elaborando un piano criminoso e violento. Di buon mattino, in località Ripa di Troia, luogo caratterizzato dalla esistenza di una serie di grotte incavate nel tufo, la fattucchiera fu condotta, con un inganno, in una di queste cave naturali. Coletta era convinta di essere chiamata a svolgere la sua funzione di strega e seguì senza indugiare i suoi assassini ma, una volta nella grotta più nascosta, il gruppetto di uomini decise di attuare il suo piano criminoso, approfittando del fatto che la donna stesse per dare inizio a un rito scaramantico. In quel mentre, uno di loro infierì sulla malcapitata colpendola con un’ascia alla testa mentre gli altri si gettarono addosso con arnesi agresti sino a ucciderla. In seguito, la donna venne scaraventata in un fosso e coperta con fascine e sterpaglie. Con il passare dei giorni, la popolazione si era convinta che Coletta se ne fosse andata via spontaneamente e questo creava un certo senso di liberazione e di tranquillità sociale, considerati i tanti malumori che aveva suscitato fra i cittadini del luogo. Dopo alcune settimane, invece, grazie a un cane da caccia che gironzolava nella zona, si fece la triste e macabra scoperta. Una serie d’indagini condusse al ritrovamento dei colpevoli i quali furono costretti a scontare una pena detentiva. E così terminò l’esistenza della strega Coletta indicata soprattutto dalle donne di Baselice come colei che praticava fatture sui nascituri con conseguenti malformazioni fisiche.









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