Immagini dal Sannio: slow tourism nel Molise, fra grotte ed eremi rupestri

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo
Pescopennataro, Eremo di San Luca, foto di copertina tratta da visitagnone.com

Gli eremi, lo sappiamo bene, sono luoghi di quiete e tranquillità, lontani dal caos cittadino, sede di silenzio e pace, dal difficile accesso. Un tempo erano, per l’appunto, rifugio di eremiti che volontariamente decidevano di escludersi dalla società per chiudersi in una vita di preghiera e ascesi. E gli eremi del Molise sono una delle più grandi attrattive della piccola ma grande regione. Il turismo degli eremi offre la possibilità di dare valore alle strutture religiose e culturali secondo il progetto dello slow tourism: ecco, dunque, la valorizzazione dei luoghi di pace e di silenzio, territori immersi nella splendida e incantata natura che li incornicia, e ancora menù turistici a tema, prodotti caratteristici a chilometro zero e trekking a cavallo lungo i sentieri che conducono verso questi ambiti luoghi solitari. Oggi, con le Immagini dal Sannio, facciamo un volo pindarico su questi luoghi del silenzio.

L’eremo di Sant’Egidio di Bojano si staglia nel mezzo di una verde altura del Matese a più di 1.000 metri di quota. Si tratta di un cenobio cistercense del IX secolo, originariamente ricovero per i viandanti e, secondo la tradizione, luogo che ospitò il Santo. Nel 1995 è stato oggetto di un lungo restauro che ha riportato alla luce la primitiva abside, permettendo così la sua datazione. A Longano vi è un’antica chiesa rupestre, quella di Santa Maria di Alto Piede, parzialmente crollata e immersa nella boscaglia appena fuori l’abitato. Essa è documentata già a partire dal 1309.

A Frosolone, invece, troviamo l’antica chiesetta dedicata anch’essa a Sant’Egidio, nell’omonima località montana, che in epoca altomedievale fu cappella con annesso romitorio alle dipendenze del vicino convento di Sant’Onofrio. Ben presto divenne famosa per le cure miracolose che i monaci riuscivano a dispensare agli ammalati. Dopo diverse distruzioni, la cappella è stata più volte ricostruita per mano di diversi eremiti, fino ad arrivare nel 1704 a una vera e propria chiesa con romitorio e pozzo per l’acqua. A Isernia c’è la chiesa rupestre di Sant’Erasmo, in un tristissimo stato di abbandono appena fuori il centro cittadino, nei pressi della confluenza del fiume Carpino nel Sordo. L’edificio fu realizzato sfruttando una cavità dove riesce ancora a conservarsi un affresco del XIV secolo raffigurante la Crocifissione.

La piccola e semplice cappella di Santa Lucia a Miranda è stata edificata in epoca recente, nei pressi della grotta dove, secondo la leggenda, si sarebbe rifugiata la Santa nel tentativo di sfuggire ai suoi persecutori. Lì è rinvenuta l’effigie della stessa che oggi viene custodita all’interno della chiesetta. La cripta di Sant’Antonio Abate è accorpata all’omonima chiesa rupestre della Morgia di Pietracupa, in provincia di Campobasso, denominata “chiesa vecchia”, interamente scavata nella roccia, come attestano i segni lasciati dagli attrezzi nella quale, la presenza di alcune nicchie, di qualche capitello e di un’acquasantiera induce a prefigurare un arredo scultoreo di difficile datazione. Fu abitato dai primi seguaci di san Celestino, e poi trasformato prima in tribunale per la Santa Inquisizione, successivamente in prigione e luogo per le esecuzioni capitali. 

La cripta di San Pietro in Vincoli, rinvenuta verso la fine degli anni Cinquanta, si trova al disotto della omonima chiesa, nell’antico borgo medievale di Sant’Angelo in Grotte, formata da alcuni ambienti parzialmente scavati nella roccia e regolarizzati con pareti in muratura. Ancora oggi si tratta di una delle mete privilegiate per la devozione di numerosi visitatori e pellegrini. A Sant’Angelo è anche la grotta di San Michele che nel 1100 riuscì a esercitare una forte attrazione nei confronti degli abitanti delle terre vicine al punto da dar vita al primo nucleo abitativo del paese. Il suo interno è caratterizzato dalle fessure e dagli incavi della roccia, dalle stalattiti dai riflessi verde e rosa ma anche dall’acqua che continua a sgorgare dalla sua sorgente “miracolosa”. La cripta di Santa Margherita di Scozia si trova all’interno di una piccola cavità naturale, che forse rappresenta il nucleo originario del culto, al di sotto della Chiesa di San Giacomo a Pietracatella. Essa presenta pareti interamente affrescate delXIV secolo, con scene della Natività, e purtroppo è piuttosto rovinata da una persistente umidità.

La grotta di Sant’Anna, a Busso, in provincia di Campobasso, abbandonata da diversi decenni, si trova in località La Portella ed è stata trasformata in cappella grazie alla costruzione di una volta in muratura e di un altare con sovrastante statua della Santa. La grotta ha una pianta rettangolare e mediante alcuni gradini si accede a un cunicolo che conduce a un secondo ambiente ipogeo assai più ampio. La grotta di San Michele, situata sul fianco di un colle che si eleva non lontano da Castropignano, è una cavità ampia e profonda cui si accede per una china ripida e sassosa. Alcuni gradini interni sono consumati dal tempo che la tradizione mutua come i resti di un altare eretto in onore dell’Arcangelo Michele, a ricordo delle numerose apparizioni avvenute in quel luogo. L’eremo di San Luca a Pescopennataro, parzialmente edificato dentro una grotta, si trova a 1.500 metri d’altezza addossato alla rupe dell’omonima montagna, in prossimità della strada per Capracotta. Mancano notizie documentate sulla sua storia, ma bisogna rifarsi alla tradizione locale, da sempre devota al Santo, che tramanda di un eremita che avrebbe vissuto a lungo in solitudine e povertà nell’antica cappella rupestre. All’interno vi è un semplice altare in pietra e una piccola scala a chiocciola che conduce al piano-soppalco superiore adibito ad abitazione.

Affreschi della Cripta Epifanio di San Vincenzo al Volturno, foto di Roberto Pellecchia

L’eremo di San Michele a Foce a San Vincenzo al Volturno si trova incastonato tra le rocce all’interno di un ampio riparo a mezza costa sulla gola dell’omonimo torrente che attraversa le Mainarde. Si ipotizza che la sua costruzione sia di epoca altomedievale, intorno all’anno Mille, data anche la vicinanza con l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno e la dedica al culto di san Michele Arcangelo, protettore dei viandanti, pellegrini o pastori. La modesta struttura in pietra, peraltro di recente restaurata, è costituita da due ambienti di diverso livello: uno più piccolo, a livello più basso, adibito probabilmente a dimora eremitica, e l’altro, sovrastante, per ospitare la modesta chiesetta. Sempre a San Vincenzo al Volturno è la cripta di Epifanio, posta al di sotto del presbiterio della chiesa di San Vincenzo Minore, all’interno del complesso abbaziale di San Vincenzo al Volturno, edificata nel IX secolo sui resti di una chiesa precedente d’epoca tardoromana, realizzata in occasione della ristrutturazione della sovrastante chiesa. Gli affreschi che la rivestono sono eccezionali e in ottimo stato di conservazione e rappresentano alcune fra le testimonianze più significative della pittura altomedievale europea, sia per la qualità tecnica che per la complessità dei temi rappresentati: l’immagine-simbolo della mano distesa del Padre Eterno, l’Annunciazione, la gravidanza di Maria, la Natività, il lavaggio di Cristo, la Crocifissione, sotto cui è raffigurato l’abate Epifanio, la Visita delle pie donne al Santo Sepolcro e, all’interno di una nicchia, il Cristo con i santi Lorenzo e Stefano. Si ammirano, inoltre, una bizantineggiante Maria Regina seduta in trono con in braccio Gesù Bambino, seguita da scene di martirologi con la Discesa di Cristo nel limbo accompagnato da un gruppo di Sante martiri e dai Supplizi di san Lorenzo e di Santo Stefano. Nell’abside vengono rappresentate alcune visioni dell’Evangelistai Giovanni e del Cristo pantocratore.

A Rocchetta al Volturno c’è, invece, la chiesa di Santa Maria delle Grotte, che deve il suo nome alla presenza di alcune grotte naturali nella zona, ed è indubbiamente un autorevole esempio di architettura rupestre benedettina. Di origine incerta, si suppone sia risalente all’VIII secolo, considerata la sua particolare posizione nell’antico tracciato che attraverso la valle del Volturno conduceva in Campania. È facilmente presumibile che fosse una tappa obbligatoria sia per i pellegrini che per i viandanti occasionali, com’è testimoniato dalla presenza, all’interno, della grandissima immagine del loro protettore San Cristoforo. Si presume che la chiesa facesse parte di un complesso monastico, per la presenza delle celle monacali e della fornace messi alla luce da recenti scavi, ma anche per la presenza di impianti per la produzione di olio e del vino. L’edificio religioso è costituito da due nuclei: uno, più antico, ricavato modellando la roccia in corrispondenza di una cavità naturale, e l’altro costruito in muratura. Le pareti interne sono riccamente decorate con affreschi databili tra il XIII e il XIV secolo che, oltre a scene della Vita di Cristo, raffigurano l’iconografia di alcuni santi.









Print Friendly, PDF & Email