Immagini dal Sannio: la Leonessa, storico e affascinante masso erratico

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Vista panoramica della Leonessa, foto di copertina di Cristina Petrillo

È lì, un punto fermo per chi la guarda, riferimento per orientarsi nei bellissimi borghi della Valle Telesina. Domina le colline tra i monti di Cerreto Sannita e Guardia Sanframondi e il suo profilo imponente riesce a partorire emozioni incredibili. È una roccia, un masso erratico, che nel tempo, erodendosi, si è modificato assumendo un aspetto zoomorfo. La Morgia Sant’Angelo è conosciuta da tutti con l’amichevole appellativo di Leonessa, enorme e affascinante blocco calcareo costituito da diversi banchi di sedimenti miocenici. Alta 35 metri, è una particolare e amata attrazione per gli appassionati della natura, un vanto per i cittadini dell’entroterra sannita, una imperdibile occasione per fotografi professionisti e non e meta irrinunciabile per gli innamorati del trekking. I massi erratici vengono definiti anche “sassi che camminano” e quello di Cerreto Sannita è noto anche come Masso delle streghe. Secondo una leggenda, infatti, la grotta micaleica che troviamo nella “pancia” del felino era luogo in cui si riunivano creature malefiche per praticare i loro rituali. E il Sannio, si sa, è terra di leggende e storie stregate.

La grotta di San Michele, questo il nome oggi dato all’antro, si sarebbe formata grazie a un insieme di eventi naturali, tra cui l’azione erosiva delle acque, il cedimento del terreno franoso e la fessurazione dello strato calcareo. In loco possiamo imbatterci in un importante e affascinante sito naturalistico. Scavi archeologici risalenti al XIX secolo ed effettuati nel territorio circostante, infatti, hanno portato alla luce oggetti, prevalentemente utensili e resti di vasellame in argilla, che riportano al Neolitico o addirittura al Paleolitico e che testimoniano la presenza dell’uomo nella zona sin dall’epoca preistorica. Nelle varie campagne di scavo sono stati ritrovati anche un sarcofago, armi e punte di lancia e un forno per la lavorazione e la manipolazione dell’argilla. Uno dei ritrovamenti più interessanti riguarda la tomba di un guerriero sannita, completo della sua armatura. All’epoca dei Sanniti, questo era un luogo utilizzato come vedetta per sorvegliare il territorio e attaccare eventuali nemici dall’alto.

I longobardi cambiarono la funzione della massa rocciosa. Infatti, intorno al 700 d.C., nella grotta venne allestita una cappella dedicata a San Michele Arcangelo e, quando i barbari abbandonarono il paganesimo per aderire al Cristianesimo, complice il duro lavoro di conversione dell’amato San Barbato, l’effige dell’arcangelo fu una delle prime a essere adorata dai devoti. Tra le divinità pagane che venivano venerate c’era il dio Wotan, il duce degli dei, per il quale i longobardi compivano riti intorno al leggendario Noce di Benevento. Grazie all’evangelizzazione voluta e attuata dal vescovo originario di Castelvenere, vi furono le prime conversioni dei barbari che, probabilmente, svestirono il loro dio togliendogli i tratti pagani e tramutandolo in un santo cristiano: San Michele, il protettore dei protettori, l’arcangelo guerriero. Un santo il cui culto e la cui devozione sono diffusissimi soprattutto nella zona del Gargano. Ed ecco, infatti, che la Leonessa si erge fiera, imponente e maestosa proprio lungo un tratturo che collega Benevento con il Molise e la Puglia. Un santo di cui erano particolarmente devoti sia i longobardi, sia Carlo d’Angiò, sia i re della dinastia dei Valois. Altre cappelle-grotte dedicate all’arcangelo furono fondate nei vicini centri di Frasso Telesino, Faicchio e Gioia Sannitica. La chiesetta che si apriva nella roccia rupestre era custodita da un eremita che abitava nelle vicinanze ed era dedicata a Sant’Angelo. Qui, pare, sono state custodite le spoglie di un vescovo di Telese vissuto agli inizi del 1500 trasferite poi nella cattedrale di Cerreto Sannita. Col passare del tempo la presenza dei fedeli nella chiesa andava sempre diminuendo, finché l’antro della Leonessa venne occupato da pastori o da briganti in fuga che in esso cercavano riparo.

L’interno della grotta micaelica, foto di Barbara Serafini

Il luogo sacro fu così profanato e nel 1793 perse ufficialmente la sua funzione religiosa: ogni simbolo cristiano che conteneva fu trasferito nelle chiese della cittadella cerretese. Nel 2000 la Comunità Montana del Titerno ha riqualificato questo sito trasformandolo in una delle mete più interessanti da raggiungere nel comprensorio del Matese. Da qui si può godere di una spettacolare vista su Monte Acero, di un notevole panorama sulle valli del Titerno e Telesina, sul Taburno e a tratti si intravede il mare di Napoli. Le vie chiodate presenti nei pressi testimoniano un forte interesse anche da parte degli appassionati dell’arrampicata sportiva verso questi enormi blocchi di roccia levigata. Che sia un luogo insolito e suggestivo lo si percepisce sin da subito, dal momento in cui, salendo e avvicinandosi, si incomincia a intravedere l’elegante profilo del felino, comodamente adagiato sulla collina. Anche i geologi confermano questo pensiero, quando ribadiscono che la Leonessa è uno dei più begli esempi di massi erratici presenti nella nostra penisola. Dal periodo che va da marzo fino all’estate inoltrata è possibile assistere a una particolare fioritura nei pressi, poiché la Leonessa è circondata da distese boschivi e pascoli. Quando si sale verso la salita, che è certamente ardua, talvolta, ma che promette una piacevole pausa meditativa ai piedi del felino o al fresco della grotta, ci si imbatte nei mille colori della natura e della flora locale. In particolar modo, l’orchidea si è evoluta in forma spontanea sulle alture della Morgia. Un fiore elegante che va a donare ulteriore bellezza al felino erratico tanto amato da tutti, bambini e adulti. Il vanto dell’entroterra sannita, l’imponente protettore della valle del Titerno.









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