Immagini dal Sannio: la melannurca, la regina caudina delle mele

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In copertina, le mele annurche. Foto di repertorio

Se è vero che una mela al giorno toglie il medico di torno, la mela annurca, considerata la regina delle mele, è davvero il non plus ultra per la nostra salute, in fatto di proprietà organolettiche e di genuinità. Si tratta dell’unica mela che nasce nel sud Italia, precisamente in Campania e ancor più precisamente al confine fra Sannio e Terra di Lavoro, provincia di Benevento e provincia di Caserta, dove le coltivazioni si concentrano in modo particolare. Il suo nome è davvero caratteristico e deriva da mela orcula, prima denominazione dell’epoca romana, (poi successivamente orcola, anorcola e annorcola), derivante dall’area di origine campana, la cosiddetta zona dell’Orco. L’annurca è fortemente legata alla Campania Felix da almeno due millenni, e questo viene testimoniato dai dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano. Le sue origini, così come riporta Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, “sono nella campagna puteolana, considerata all’epoca sede eletta degli Inferi“. Il nome annurca comparve per la prima volta nel 1876 nel Manuale di Arboricoltura del botanico Giuseppe Antonio Pasquale. Qualcuno fa derivare la parola da nannurca, che discenderebbe da indulco, parola latina che vuol dire “addolcire”. Solo più tardi, dalla zona puteolana ci si è spostati nel territorio confinante fra le sopracitate due province campane, grazie al clima mediterraneo, particolarmente favorevole alla sua produzione.

Si tratta di un frutto piccolo e rotondeggiante, dalle dimensioni ridotte rispetto alle mele più grandi tipiche del nord Italia, con un peso medio di circa 100 grammi, una buccia liscia, cerosa dal colore rosso vivo e brillante, anche se a volte appare esteticamente imperfetta. La sua polpa è bianca, lattea, compatta, croccante, succosa e molto profumata, con un sapore molto intenso, che cambia a seconda delle varietà, e un profumo dolce. Le due principali tipologie sono la Sorgente, caratterizzata da aroma acidulo e dal colore rosso tipicamente striato di giallo-verde, e la Caporale, più dolce, e dal colore rosso punteggiato di bianco.

Basta raggiungere il bellissimo acquedotto vanvitelliamo e il territorio si tinge di rosso. Gli alberi di mela si punteggiano di frutti dal colore del corallo, le bancarelle dei mercati si riempiono di questi gustosi gioielli che nascono nel cosiddetto “quadrilatero”, costituito da Valle di Maddaloni, Sant’Agata dei Goti, Melizzano e Dugenta. Percorrendo le strade che congiungono questi centri si resta particolarmente colpiti dal rossore che questi frutti vanno acquistando adagiati sui loro morbidi letti. Un colore vivo e intenso che dona un simpatico, vivo e allegro brio a questo angolo di terra, prima di adagiarsi al letargo invernale. Le mele vengono raccolte quando sono ancora acerbe, e rigorosamente a mano, nei primi giorni di ottobre, in giornate di sole intenso, affinché siano completamente asciutte. Esse, in seguito, vengono trasportate nei melai, dove vanno incontro a maturazione e ad arrossamento sui cannutoli, letti formati da materiale soffice quale paglia, aghi di pino, o trucioli di legno, e solo a metà dicembre si raggiunge la maturazione ottimale. L’arrossamento dipende dalla luce e dal calore, elementi che favoriscono la formazione di autocianina. Su questi letti vengono adagiate solo le mele cosiddette “sane”, indenni da attacchi parassitari e prive di residui antiparassitari e di sapori estranei. I frutti sono disposti su file, esponendo alla luce la parte meno arrossata. Per la protezione dall’eccessivo irraggiamento solare o da eventuali intemperie climatiche, i melai vengono coperti da appositi teli. Le mele si innaffiano nelle ore serali affinché non perdano parte della percentuale d’acqua contenuta all’interno evitando, quindi, la possibilità di raggrinzimento del frutto.

I meleti, foto di Consorzio Luce AOP

Sant’Agata de’ Goti, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano per le sue possenti bellezze e qualità culturali, è considerata la vera e propria patria della mela annurca. Un frutto che nel 2006 ha ottenuto il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), rendendo famosa la città caudina che dorme su un costone di tufo, la quale utilizza il frutto in tanti modi diversi. Non solo da mangiare dopo il pasto, ma la mela annurca è anche uno degli ingredienti numero uno per la preparazione di diversi piatti, dalla carne al ripieno per i dolci, fino al liquore ricavato dal suo estratto. La proprietà più nota della mela annurca è certamente la sua efficacia nel contrastare livelli alti di colesterolo: essa sembra essere in grado di ridurre di circa il 30% il colesterolo totale e, al tempo stesso, nell’incrementare i livelli di quello buono (HDL), anche del 60%. Questa capacità sembra essere dovuta all’elevatissimo contenuto di un gruppo di polifenoli molto superiore rispetto a quello che si riscontra in qualsiasi altro cultivar di mela. Inoltre, la annurca ha un elevato potere antiossidante, utile a mantenere in salute organi e tessuti contrastando efficacemente l’invecchiamento cellulare e a proteggere l’apparato cardiovascolare. L’acido ossalico che contiene la rende molto utile per la salute della bocca, svolgendo un’azione di pulizia che aiuta ad avere denti bianchi. Ancora, ha ottimi benefici anche sull’intestino, sia per per l’alto contenuto di fibra, sia per la presenza di cellulosa nella buccia, che favorisce la digestione. La mela annurca, altresì, sostiene la funzionalità renale, soprattutto in caso di calcolosi, favorendo in tal senso l’eliminazione dell’acido urico. Inoltre, il consumo regolare favorisce e stimola la diuresi, rappresentando pertanto un ottimo alleato contro i reumatismi.









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