Immagini dal Sannio: il cratere di Assteas, splendido gioiello della Magna Grecia

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Il cratere ritrovato a Sant’Agata de’ Goti, foto di copertina tratta da famedisud.it

Lo storytelling può essere accostato anche (e soprattutto) alla storia dell’arte. Già, perché narrare opere d’arte, raffigurazioni storiche, reperti archeologici di estrema bellezza può essere un modo per raccontare un tratto di vissuto di un territorio o di un artista, un pezzo di storia da non relegare solo a libri ed enciclopedie ma da vivere e respirare con gli occhi e con la fantasia. E oggi vogliamo raccontarvi di un gioiello caudino conteso e amato, che negli ultimi anni ha girato tanto fuori dai confini regionali: mostre e musei hanno fatto a gara per contendersene la bellezza e la particolarità ma che da poco è finalmente tornato a casa. Oggi narriamo il cratere di Assteas.

Vien da chiedersi cosa sia un cratere, vero? Si tratta di un vaso molto capiente la cui funzione era quella di permettere la mescita di vino puro con acqua e spezie durante un simposio. Assteas, invece, era un ceramografo e ceramista pestano, uno dei più grandi e importanti decoratori ceramografici che operava nel IV secolo a.C.. Il cratere in oggetto nelle Immagini dal Sannio di oggi proviene dalla Magna Grecia, fra il Mar Tirreno e il Sele, precisamente da Posidonia – Paestum, e oggi si trova nella Torre di Montesarchio, l’antica Caudium, che è la sede del Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino, ospitante reperti provenienti dall’intero territorio degli antichi Caudini. Il cratere è stato firmato proprio da Assteas, e il nome dell’artista si trova anche accanto a una delle figure rappresentate sul cimelio. “Lo ha dipinto Assteas”, cita l’epigrafe. Un vero e proprio gioiello restituitoci dall’archeologia locale, appartenente alla tipologia detta “a calice”, e che rientra nel filone della ceramica a figure rosse. Si tratta certamente di uno dei crateri più grandi mai rinvenuti, alto 72 cm e largo 60, conservato perfettamente integro, nonostante la sua lunghissima storia. Infatti, molti trafficanti hanno cercato di mercificare con esso, conteso da più e più appassionati, e per questo motivo ha girato buona parte di mondo. Ma una cosa è certa: si tratta di un capolavoro da raccontare e da ammirare da vicino.

Il cratere rappresenta le origini della civiltà minoica, la più antica della Grecia. In particolare, narra del ratto d’Europa, tanto che il nome ufficiale sarebbe proprio questo. Europa era una principessa fenicia, proveniente dall’attuale Libano, che fu rapita da Zeus e che per l’occasione assunse l’aspetto di un toro bianco, dando alla luce tre figli: Minosse, il futuro re di Creta, Radamante e Sarpe. Oltre a questa raffigurazione, sul retro è rappresentata un’ulteriore scena mitologica che va a raffigurare una storica eccellenza campana: il vino. Del resto, il cimelio è proprio un contenitore atto alla mescita del prodotto enoico. E nella raffigurazione è protagonista proprio Dioniso, dio del vino, seguito da un breve corteo formato da menadi, un sileno e il dio Pan. Questa sorta di processione prende il nome di tiaso e aveva un carattere prevalentemente religioso che nell’Antica Grecia celebrava il culto di un dio, specialmente quello del maggior rappresentante della vite e del suo ottimo frutto. Un corteo che era tradizionalmente accompagnato da canti e danze perlopiù sfrenate. I nomi raffigurati furono inseriti dopo la cottura del manufatto e Assteas si dimostrò molto attento alla simmetria compositiva, alle figure accostate e non sovrapposte, al disegno ben curato e alla presenza dei personaggi principali collocati al centro della composizione, molto più grandi rispetto a quelli minori, per dare a loro particolare risalto.

Particolare della firma dell’autore del cratere, foto tratta da famedisud.it

Il magnifico cimelio fu ritrovato a Sant’Agata de’ Goti nei primi anni Settanta del secolo scorso, da parte di un operaio edile di cognome Cacciapuoti, durante i lavori di scavo per la rete fognaria. Si trovava in una tomba ed era parte del suo corredo funerario. Cacciapuoti lo raccolse e lo portò in casa propria, si fece fare alcuni autoscatti con una Polaroid a colori e lo vendette sul mercato nero per un milione di lire e un maialino. Ovviamente, il cratere, dopo tale avvenimento, cominciò a seguire la filiera di un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di reperti storici, e fu depositato in Svizzera in attesa di un acquirente, fino a quando fu venduto al Getty Museum di Malibu, in California, per 380mila dollari, che lo tenne in esposizione dal 1981 al 2005. Grazie a uno degli scatti fatti dalla Polaroid dell’operaio, i carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, sotto la guida del luogotenente Lai, al termine di lunghe e complesse indagini riuscirono a dimostrare la reale provenienza del cratere, coinvolgendo gli Uffici del MiBAC e convincendo la Magistratura a ottenerne la restituzione. A partire dal 2007 il vaso è stato esposto in diverse città europee e la sua storia è stata narrata da diversi articoli giornalistici oltre che nel romanzo Il ratto di Europa. Storia del vaso di Assteas di Aniello Troiano. Una narrazione di rilievo è stata fatta anche nel documentario di Michele Porcaro ASSTEAS – Storia del vaso più bello del mondo, a cui ha collaborato il critico d’arte Vittorio Sgarbi.









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