Immagini dal Sannio: il parco geopaleontologico e il Paleolab di Pietraroja

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Immagine di copertina del Paleolab

“Sopra Cerreto sorge l’alta montagna di Pietraroja che è una delle cornate del Matese, molto interessante per i prodotti che presenta. Questa montagna in alcune parti è composta di pietra calcarea scissile con impressioni di pesci…” Così, nel 1798, Scipione Breislak raccontava Pietraroja. Quello di Scipione non è un nome a caso. Ma andiamo con ordine. La storia che racconto oggi parte da Ciro, il baby dinosauro che ha conquistato il mondo. Una storia tenera che ha reso ancor più noto il piccolo borgo matesino. Ciro è un cucciolo di dinosaur0, molto probabilmente risalente all’era mesozoica, dal peso di 200 grammi, vissuto 113 milioni di anni fa, e che ha reso ancor più celebre la sede di un ente geopaleontologico di grande rilevanza, il cui museo è stato allestito addirittura da Piero Angela. Il nome scientifico di Ciro è Scipionyx samniticus, in onore del sopracitato geologo, ribattezzato dalla stampa simpaticamente Ciro per sottolinearne le origini campane. Con ogni probabilità, il piccolo dinosauro rimase intrappolato nei fanghi lagunari e successivamente ne fu ricoperto e fossilizzato. Di lui rimane anche una sacca con il tuorlo dell’uovo, grazie alla quale il cucciolo poteva alimentarsi. Numerosi gli studi paleontologici sul fossile, e di conseguenza su tutta la specie: il suo intestino è stato analizzato alla perfezione e grazie alle recenti analisi si è scoperto che il piccolo Scipionix Samniticus aveva appena mangiato tre pezzi di carne.

Fu proprio il geologo Scipione Breislack, nel 1798, a segnalare per la prima volta la presenza di pesci fossili nei dintorni di Pietraroja, fino ad arrivare a Cusano Mutri e oggi, grazie anche al suo iniziale contributo, il Parco Geopaleontologico di Pietraroja è uno dei più importanti giacimenti fossiliferi italiani, conosciuto da più di 200 anni. In passato, ossia milioni e milioni di anni fa, in questo territorio vi era una piccola laguna le cui particolari condizioni ambientali e geologiche hanno permesso la conservazione degli organismi marini e terrestri che tutt’oggi possiamo ammirare come reperti fossili. Grazie alle acque calde e calme della laguna e alla loro carenza di ossigeno, si è avuto un rallentamento del processo di decomposizione della materia organica degli esseri viventi garantendo un’ottima conservazione della fauna locale, costituita da pesci, crostacei, anfibi e rettili, alghe marine, molti di questi di specie molto rara.

Fu la paleontologa, professoressa Moncharmont, decana dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, che nel 1960 ebbe la straordinaria intuizione di riscoprire il giacimento fossilifero in località Le cavere. Furono così organizzate diverse campagne geopaleontologiche finalizzate allo studio del versante orientale del Matese e in particolare all’area di Pietraroja. Nell’ottobre del 1982 proprio nell’area dell’attuale parco fu organizzata una campagna di scavo da parte dell’Istituto e Museo di Paleontologia dell’Università di Napoli in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Torino: emersero alla luce ben venti casse di reperti fossili. A seguito di tali ritrovamenti fu prospettata l’idea di istituire un parco per scopo didattico e di studio per gli addetti ai lavori ma anche per gli studenti della zona. Inizialmente erano previsti itinerari tra reperti e calchi. Il sito, di grande rilevanza, aveva messo in evidenza il ritrovamento di resti di piante che andavano a testimoniare la presenza, nelle vicinanze, di terre emerse. Una laguna in cui sono stati portati alla luce diversi esemplari di vegetali e di pollini di varie essenze. E ancora, microfossili, tra cui un esemplare di echinoderma che costituisce un raro esempio di fossilizzazione. Tra i vertebrati, fossili di pesci, anfibi e rettili. Gli animali, uccisi da gas tossici sprigionati da flore batteriche, vennero ricoperti da sedimento e subirono, nel lungo corso dei tempi, un lento processo di pietrificazione assieme allo stesso sedimento, nel quale rimasero imprigionati. Fra i tanti resti pietrificati di animali, sono stati trovati rettili fino a 30 centimetri, e un coccodrillo, oltre a denti di 15 centimetri appartenenti a un antenato dello squalo azzurro. E proprio grazie al ritrovamento dello Scypionix Samniticus e al suo stato di perfetta fossilizzazione, gli studiosi hanno dato nuovo vigore alla ricerca e allo studio di tutta l’area del parco.

Il fossile del baby dinosauro”Ciro”

Il Parco ospita il Paleolab, un museo multimediale di geologia e paleontologia. Un vero e proprio viaggio nel tempo che permette al visitatore di fare un tuffo nel passato fino ad arrivare al Cretaceo. Ammirare da vicino i fossili e i reperti organici è davvero una rara emozione. In alcuni resti fossili, il grado di preservazione è così elevato che è possibile osservarne persino cellule e tessuti. Per tali motivi, il Parco geopaleontologico di Pietraroja costituisce una eccezionale testimonianza di informazioni paleontologiche. Un meraviglioso e straordinario geosito studiato da scienziati di tutto il mondo e di notevole fama che non smette mai di esaurire preziose sorprese e rilevanti informazioni e che sicuramente ha ancora tanto, ma tanto da raccontare.









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