Immagini dal Sannio: l’arte figulina di Cerreto Sannita e San Lorenzello, Città della ceramica

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Cerreto Sannita, colonna esagonale in refrattario maiolicato a firma della Bottega Giustiniani di San Lorenzello, foto di copertina di Mario Sagnella

A Cerreto Sannita e San Lorenzello, le due Città della Ceramica dell’entroterra sannita, sulle sponde del torrente Titerno, la realtà artigianale data dalla manifattura dell’argilla diviene di volta in volta sempre più importante. Due piccoli e storici borghi, confinanti e a detta dei più “rivali”, proprio per via dell’antica tradizione figulina, in realtà sono uniti da antichi legami culturali e vincoli di parentela, e custodiscono ancora immutata la tradizione ceramografa locale. Si dice che i due paesi siano “uniti dalla storia, ma divisi dall’argilla del Titerno”. San Lorenzello, tra l’altro, fu casale, o frazione, di Cerreto Sannita dal XV al XIX secolo.

La tradizionale e meravigliosa attività della ceramica, che è una delle più affascinanti espressioni dell’arte del fuoco, si è fortemente radicata nel cuore dei due paesi sanniti grazie alla presenza non soltanto di argilla sulle sponde del Titerno e in primis nelle cave in località Madonnella e/0 San Donato, in cui in passato tutti gli artigiani del territorio si approvvigionavano, ma anche di sabbia silicica, pietra di manganese, ossido di rame, zinco, stagno e ferro che venivano utilizzati per produrre le polveri coloranti. Una manifattura riconoscibile a occhio nudo, ovviamente da quello attento al bello e all’antica e preziosa arte figulina titernina, i cui soggetti decorativi più ricorrenti sono quelli naturalistici, paesistici, religiosi e allegorici. Non solo oggetti decorativi, che abbondano nelle abitazioni del territorio: oltre alla produzione di ceramica decorata, vi è quella dei manufatti per uso domestico e quotidiano, quali piatti, pentole, pignatte, otri, anfore, generalmente smaltata solo all’interno per essere impermeabili e quindi utilizzabili come contenitori di cibo, acqua, olio e vino.
Lo stesso smalto utilizzato per il rivestimento viene preparato in loco in maniera artigianale. I colori predominanti sono il giallo intenso, molto tipico e quasi sempre ritrovato nei vari prodotti, il verde, l’arancio e il manganese. Il blu oltremare, inoltre, è conosciuto anche come “blu cerretese”.

La ceramica cerretese ebbe il suo momento d’oro dopo il terremoto del 1688, la cui fase di ricostruzione attirò molti “faenzari”, artisti e maestri in particolare napoletani che diedero vita, tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700, a una ceramica baroccheggiante e sfarzosa caratterizzata da vivaci motivi floreali dal gusto Naïf, motivi settecenteschi classici del Rococò, cineserie e soggetti francesi, e in seguito da motivi neoclassici di stampo religioso. Le forme storiche e caratteristiche sono i piatti con falda da conserva o da parete, oppure quelli da servizio e vassoi sagomati, salsiere, acetiere, saliere, zuppiere, giare e idrie semplici ed elaborate come le langelle. E ancora, anfore, acquasantiere, albarelli da farmacia e pilloliere, lucerne, brocche e boccali da taverna, bacinelle e mesciroba. Nella tradizione cerretese vi è una particolare curiosità: se oggi gli innamorati, per suggellare il proprio amore, ricorrono a lucchetti incatenati ai ponti, alle proprie iniziali incise sui muri, ai propri nomi tatuati, la leggenda narra che a Cerreto Sannita, nel Settecento, gli amanti usavano regalarsi un oggetto d’arte ceramica, un’anfora o un piatto, con raffigurati due cuori legati da una catena o con la catena spezzata, in caso di litigio. A Cerreto Sannita, ancora oggi si possono ammirare le settecentesche anfore decorate con i cuori, riprodotte e rivendute in copia.

Secondo lo studioso Salvatore Biondi, amante del territorio, il più antico manufatto della ceramica cerretese sarebbe stato una statuetta raffigurante l’Ecce Homo, appartenuta a Caterina Sanframondi, prima badessa del monastero delle Clarisse della vecchia Cerreto, andata dispersa. Altri studiosi della materia, invece, sostengono che il manufatto donato dalla religiosa fosse in realtà un maiolicato di fattura umbra, scambiata poi per ceramica locale. Grazie ad alcuni scavi fra i ruderi di Cerreto antica, distrutta dal sisma del 1688, sono stati trovati numerosi frammenti ceramici oggi conservati al Museo Civico che testimoniano l’esistenza di una produzione ceramica anche prima del 5 giugno 1688 anche se, a detta dello storico dott. Renato Pescitelli, si tratta di ceramisti di minore importanza, non appellabili come “faenzari”. Inaugurato nel 1993, il museo si trova nel settecentesco ex convento di Sant’Antonio, edificato in origine da frati conventuali che sarebbero arrivati a Cerreto poco dopo la morte di San Francesco d’Assisi. Vi sono in esposizione pezzi provenienti dalla raccolta dell’Istituto Statale d’arte di Cerreto Sannita nonché da collezioni private, come quelle Biondi, Mazzacane, Pescitelli, Barbieri, Massarelli e Pastore. Ricca e prestigiosa è la collezione del magistrato e storico locale Vincenzo Mazzacane, donata al museo recentemente dai suoi discendenti: 400 pezzi quasi tutti del Settecento. Purtroppo è andata dispersa la collezione più importante, di circa mille pezzi, messa insieme durante decenni di ricerche dall’appassionato storico locale Salvatore Biondi, definito da Guido Piovene “custode della civiltà del Sannio”. Biondi, fattore di Mazzacane, cominciò a raccogliere proprio per quest’ultimo dei pezzi dei quali, solo con estremo ritardo, si accorse del valore. Fu così decise di cominciare a mettere in piedi una propria raccolta personale, con migliaia di pezzi, molti dei quali in seguito venduti dagli eredi.

Nella nuova Cerreto post sisma esisteva un vero e proprio quartiere dei ceramisti che trovava posto nei pressi della cattedrale e, durante la ristrutturazione di numerose abitazioni di quella zona, sono stati ritrovati resti di fornaci per la cottura delle terrecotte e delle ceramiche. Era una vera a propria “insula dei faenzari” in cui si trovavano le botteghe di Francesco Iadomaso, cerretese, e Carlo Coluccio, di Campobasso. Nella stessa zona sorgeva la bottega finanziata dall’imprenditore Nicolò Russo, che si trasferì a Cerreto Sannita nel 1692, ove si formarono artigiani che diedero vita a intere generazioni di artisti e ceramisti: tra questi, Antonio Giustiniani, Domenico Marchitto, Santi Festa e il decoratore napoletano Lorenzo Salandra.

Artigiano al tornio, foto di Mario Sagnella

Antonio Giustiniani proveniva da una famiglia di decoratori pavimentali e realizzò diverse opere tra le quali il pannello incastonato nel timpano del portale della chiesa della Congregazione della Sanità in San Lorenzello, pannello maiolicato che raffigura la Madonna della Sanità seduta su delle nuvole che regge il Bambino, con decorazioni di tulipani che adornano la scena sacra. Di Giustinani vi sono anche numerose ceramiche conservate nel Museo Civico di Piedimonte Matese tra le quali una Via crucis. Il figlio Nicola si trasferì a Napoli nel 1752 e in via Marinella fondò una fabbrica di ceramiche nella quale lavorarono, oltre ai Giustiniani, altre dinastie di ceramisti napoletani come i Massa, i Del Vecchio, i Grue, i Porreca e i Chianese che producevano anche minuterie per il presepe napoletano, ossia stoviglie in ceramica colorata di piccole dimensioni per apparecchiare le tavole dell’osteria presepiale. Domenico Marchitto, altro allievo di Nicolò Russo e capostipite di una dinastia di ceramisti che operarono a Cerreto fino al XIX secolo, aveva una bottega nei pressi della chiesa di Santa Maria, in una casa nella cui facciata ancora oggi si vedono due pannelli maiolicati raffiguranti l’Assunzione della Vergine e lo stemma dei Marchitto.

Nel corso del XIX secolo a Cerreto Sannita si contavano circa quaranta ceramisti che col tempo divennero sempre di meno sino a quando rimasero solamente dei vasai o dei cocciolari, e fu verso la metà del XX secolo, attorno al 1950, che nacque nuovamente l’interesse verso questa antica forma d’arte grazie alle numerose mostre organizzate da Salvatore Biondi e all’intraprendenza di alcuni giovani ceramisti. Sorsero le prime botteghe che producevano manufatti che nulla avevano da invidiare alle ceramiche più blasonate e che avevano i loro grandi consensi nelle mostre organizzate a livello nazionale e internazionale. Nel 1957 venne fondato l’Istituto Statale d’arte Giustiniani di Cerreto Sannita che ancora oggi ospita i giovani diplomati che si destreggiano in un percorso formativo dedicato esclusivamente alla produzione di ceramica, in nome della forte tradizione artistica.

È stato il più piccolo paese di San Lorenzello a mantenere in piedi, per anni, l’antica arte figulina del territorio titernino. E ancora oggi è proprio questo, fra i due borghi, che conserva il maggior numero di botteghe ceramiste, A riprenderne i fasti fu Guido Barbieri, il quale nel 1958 riprese la lavorazione della maiolica che per oltre un secolo si era occupata unicamente di stoviglie et similia. Ed è proprio nel borgo laurentino che è possibile ammirare le faenzere, luoghi di produzione della ceramica allo stato grezzo, e i mulinelli nei quali venivano macinate sostanze naturali per ottenere i colori necessari per dipingere le ceramiche. Lungo le sponde del fiume Titerno si notano i resti di un mulino e di strutture che venivano usate per il trattamento dell’argilla e per la lavorazione della ceramica. Le acquasantiere prodotte a San Lorenzello sono un classico e sono famose in tutto il mondo, mentre i piatti da parata e le riggiole, mattonelle che rivelano la capacità e la grande vitalità artistica dei maestri, offrono un vasto assortimento di pezzi moderni, a imitazione di quelli antichi, di elevata qualità artistica, la cui decorazione avviene solo attraverso processi di lavorazione manuale, come previsto dal disciplinare. Alcune opere sono di rara bellezza, magari appartenute ad antiche collezioni private.

Fu Salvatore Cipolla il ceramista che, nel 1997, lanciò l’idea della BACC, Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea di Cerreto Sannita che richiama artisti provenienti da ogni regione d’Italia, i quali espongono le loro opere in uno scenario stimolante e prestigioso, accanto ai capolavori realizzati nelle botteghe locali. Nell’ultimo week-end di maggio, invece, sempre nella città di fondazione titernina, si tengono mostre, laboratori, cene e apertivi d’arte ed estemporanee, organizzate dall’AICC, Associazione Italiana Città della Ceramica, nell’ambito della manifestazione Buongiorno Ceramica. Tra le manifestazioni culturali laurentine ricordiamo Oltre l’Arcobaleno, concorso nazionale di ceramica femminile, promosso dall’Associazione Nicola Giustiniano dal 2014, nato in memoria della ceramista Maria Paduano. Dalla Terra all’Arte, invece, è la manifestazione che si tiene ogni ultimo fine settimana di settembre, sempre a cura dell’Associazione Nicola Giustiniano, estemporanea di ceramisti provenienti da ogni parte del mondo. Il materiale prodotto dai ceramisti durante le varie manifestazioni di San Lorenzello in parte va a valorizzare il Museo della ceramica Antica e Moderna del borgo sannita, e in parte viene riutilizzato per rinnovare aree urbane in stato di degrado. E infatti San Lorenzello ha squarci molto belli, artistici e colorati, ma questo merita un capitolo a parte.









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