Sant’Antonio Abate, un santo popolare a sua insaputa

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Il primo Santo dell’anno, a cui la tradizione popolare ha attribuito rilevanza, è Sant’Antonio Abate, da non confondere con il più famoso Sant’Antonio festeggiato il 13 giugno.
Sant’Antonio Abate è il santo della luce, simboleggiata dal fuoco che accompagna la sua figura. Il fuoco dei falò che si accendono, e più si accendevano nel passato, per simboleggiare la volontà di abbandonare, per gli uomini, tutto ciò che apparteneva ai mesi passati, nell’auspicio di rinnovarsi proprio a partire dal primo mese del nuovo anno. Fuochi purificatori allo scopo “magico” di riscaldare la terra e invogliare il ritorno della primavera.

Sant’Antonio è un santo popolare proprio perché è la tradizione popolare a crearlo, a dargli degli elementi unici che sono lontani dalla sua figura, dal suo vissuto, dalla sua storia: è la tradizione contadina che lo vuole e lo rappresenta così come lo conosciamo.
Nato in Egitto, visse da eremita. Appena 20enne, abbandonò tutte le sue ricchezze per condurre una vita solitaria sulle rive del Mar Rosso. La fantasia popolare ne ha dato una errata interpretazione iconografica interpretando alcuni elementi simbolici, con cui viene raffigurato, in elementi di valenza materiale: il Santo, infatti, viene rappresentato con in mano un bastone per combattere i diavoli raffigurati come bestie o simboleggiati nel porco. Il bastone, in una leggenda, rappresenta un tizzone ardente del fuoco del diavolo che il Santo rubò all’inferno, e ad aiutarlo nell’impresa fu un maiale: mentre lui distraeva il diavolo, il maiale rubò un tizzone e lo donò agli uomini.

Il maiale entra nella agiografia del santo come elemento centrale, il santo viene identificato anche per il così detto “Fuoco di Sant’Antonio”, ovvero l’ Herpes Zoster che trovava una valida cura lenitiva proprio nell’uso del grasso del maiale.
Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggio, fino ad arrivare in Francia; nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier, fu costruita una chiesa in suo onore.
In questa chiesa affluivano a venerarne le reliquie folle di malati, affetti da un morbo conosciuto come ergotismo canceroso, oggi scientificamente noto come herpes zoster, conosciuto sin dall’antichità come “ignis sacer” (fuoco sacro) per il bruciore che provocava.

Considerato il santo patrono dei maiali, per estensione, il Santo divenne il protettore di tutti gli animali domestici e della stalla.
Nel giorno della sua festa, era usanza benedire le stalle e portare a benedire gli animali domestici. Identificato anche, in alcuni paesi di origine celtica, come la divinità della rinascita e della luce, ancora oggi il 17 gennaio si usano accendere i cosiddetti “focaracci” in Abruzzo o “ceppi” o “falò di sant’Antonio” nel resto d’Italia, fuochi fatti di fiamme altissime visibili da notevole distanza intorno ai quali si balla e si canta per segnare il passaggio a una stagione più prospera, bruciando il passato.









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