Immagini dal Sannio: Sant’Agata de’ Goti e Cerreto Sannita, bandiere arancioni del TCI

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Sono state undici le nuove Bandiere Arancioni assegnate quest’anno dal Touring Club Italiano, e il totale dei borghi marchiati dall’ambito riconoscimento è così salito a quota 262. Si tratta di località amene e ricche di storia e cultura, di verde, buona cucina, site nell’entroterra del nostro Bel Paese. Sant’Agata de’ Goti e Cerreto Sannita sono state protagoniste del rinnovo dell’ambito riconoscimento. Ma cosa è esattamente la Bandiera Arancione? Si tratta di un marchio di qualità che seleziona e certifica le piccole località dell’entroterra, seguendo un rigoroso percorso volto ad analizzare rigorosi e severi parametri turistici e ambientali. La Bandiera Arancione sta dalla parte del turista, del visitatore, e viene assegnata alle località con un impeccabile patrimonio storico, culturale e ambientale, che riescano a soddisfare i turisti con una buona e ineccepibile ospitalità, all’insegna del turismo lento e sostenibile. I sopralluoghi vengono effettuati in completa autonomia e nell’assoluto anonimato dal gruppo di esperti del Touring Club Italiano, che empaticamente ripercorrono le esperienze del turista, indossandone virtualmente scarpe, zaini e voglia di conoscenza. Un processo che tende a puntare alla valorizzazione dei borghi e delle mete dell’entroterra italiano, delle mete rurali e di quelle che spiccano per rilevanti tradizioni. Una spinta, dunque, per rilanciare un approccio al viaggio attento e consapevole. E infatti, negli ultimi anni, complice anche la pandemia, i borghi, piccoli paesi dell’entroterra, hanno assunto nuova centralità, soprattutto nella scelta di viaggio di molti italiani e anche stranieri: piccoli spazi con un enorme bagaglio di cultura e tradizioni, ricchi di tranquillità, in cui rilassarsi all’insegna del benessere, delle esperienze all’aria aperta, del cibo buono, genuino e a chilometro zero, della sostenibilità, del turismo lento e di qualità, del benessere e dell’autenticità.

Sant’Agata de’ Goti, ai confini tra Sannio e Terra di Lavoro, in Valle Caudina, alle porte della provincia di Caserta, alle falde del Monte Taburno è adagiata su uno sperone di tufo, ed è proprio questa la caratteristica per cui si è fregiata di tale riconoscimento. In prevalenza gli storici concordano sul fatto che nell’attuale territorio di Sant’Agata de’ Goti anticamente sorgesse Saticula, città sannita. Proprio nello sperone di tufo, circondato a destra e a manca da corsi d’acqua, risiede parte del suo fascino. Da lassù si gode di un panorama variopinto e mai monotono: monti e valli allo stesso tempo. E chi la guarda dal basso ne vede la sua particolare policromia, in un serrato ritmo, che mai si stanca, di case e finestre, balconcini, cupole e campanili, cantine e viuzze. A Sant’Agata de’ Goti ci si può immergere nel vivo del Medioevo, con due strade principali che delimitano l’area cittadina, tra le quali troviamo le case gentilizie con gli orti interni che permettevano alle famiglie di sopravvivere agli anni di assedio. Le sue strutture e i prestigiosi edifici ne fanno una “perla del Sannio” di arte e cultura. Il ponte Vittorio Emanuele supera il verdeggiante vallone del torrente Martorano, ed è proprio da lì che si può godere della vista più suggestiva dello splendido centro storico di questo che è uno dei più rinomati borghi del Sannio. Nel territorio di Sant’Agata passa l’Acquedotto carolino (patrimonio UNESCO), colosso dell’architettura vanvitelliana, opera dal grande ingegno, che preleva l’acqua alle falde del Monte Taburno per giungere fino alla Reggia di Caserta. Il suo centro storico è elegante, pieno di portici, archi e colonnati, acciottolati e sampietrini che parlano di tempi importanti che furono. Ma possono parlare anche del presente, perché il borgo è un autentico esempio di bellezze, fascino ed eccellenze sannite, a cominciare dalle rinomate mele annurche, da mangiare nella loro semplicità o sotto forma di dolci, liquori, tisane e nelle più diversificate ricette, dolci e salate, fino ad arrivare ai suoi rinomati vini. Non dimentichiamo, infatti, che Sant’Agata de’ Goti è Città del Vino e i suoi vigneti producono eccellenti bottiglie di Falanghina, Aglianico, Greco e Piedirosso. Una curiosità sul suo toponimo: il nome del paese si riferisce innanzitutto alla patrona catanese Sant’Agata martire, molto venerata in tutto lo Stivale. Quanto all’aggiunta di de’ Goti, è consuetudine pensare che ci si riferisca ai vinti della battaglia del Vesuvio del 533 dopo Cristo, ai quali venne concesso di restare nelle loro fortezze come alleati dell’Impero Bizantino. Eppure, è molto probabile, ed è la tesi più accreditata, che questa attribuzione sia da riferirsi alla famiglia normanna, Drengot, storpiati in De-Goth, che nel Medioevo ebbe il territorio in feudo dai Longobardi.

Cerreto Sannita, foto di Fabio del Vecchio

Cerreto Sannita, splendido gioiello del Sannio beneventano, alle porte del Parco regionale del Matese, nell’alta Valle del Titerno, ricco di storia, cultura e fascino, dapprima feudo della famiglia Sanframondo, poi dei Carafa che la eressero a “Civitas totius superioris state metropolis”, ossia città capoluogo della contea superiore, è “Città di fondazione” in quanto, dopo il terremoto del 5 giugno 1688, che distrusse completamente la città medievale, oltre a molti paesi vicini, non fu ricostruita seguendo il modello del paese distrutto, ma uomini lungimiranti come il Conte Marzio Carafa e il vescovo De Bellis, decisero che bisognasse partire da zero, costruendo il paese leggermente spostato rispetto al sito originario, e dando all’architetto Giovanni Battista Manni ampia libertà nella nuova progettazione. Non più, quindi, un paese arroccato attorno al castello, come accaduto con altri paesi del vicinato, tra i quali la bella Guardia Sanframondi, ma un impianto urbanistico assolutamente nuovo. Una città pensata, dunque, e proprio questo è il motivo di riconferma a Bandiera Arancione. Cerreto fu abitata già nella Preistoria, come testimoniato dagli scavi archeologici presso la bellissima Leonessa, la Morgia Sant’Angelo, ma acquisì un ruolo di fondamentale importanza quando, a seguito del terremoto del 1349, la città di Telesia cominciò il suo lento declino, per via delle asfissianti esalazioni che provenivano dal suo suolo. I superstiti, per evitare di andare incontro alla morte, si trasferirono nei centri più vicini. Anche i vescovi abbandonarono Telesia e vagarono nella diocesi in cerca di una dimora stabile che, alla fine, trovarono nel XVI secolo a Cerreto. Cerreto Sannita è nota per le sue chiese, tra cui la Cattedrale e per la sede della Diocesi (cosa che, tra l’altro, l’accomuna a Sant’Agata de’ Goti), per i vasti uliveti e per la produzione del suo olio extravergine d’oliva. Le sue campagne, oltre ai maestosi ulivi, sono ricche di vigneti e frutteti, e ci immergono in uno scenario di pace e bucolico, nel quale, qua e là, sorgono diverse aziende agrituristiche, grazie alla cui artigianalità e maestrìa gastronomica, lasciano degustare diversi prodotti tipici. Nel territorio di Cerreto sono presenti, inoltre, numerose botteghe di ceramisti che continuano a riprodurre il vasto repertorio della ceramica artistica tradizionale di Cerreto Sannita e di San Lorenzello. La ceramica cerretese, infatti, ha antiche origini anche se il periodo più florido è successivo al terremoto del 1688, quando molti “faenzari” napoletani diedero vita a una nuova arte ceramica maggiormente fastosa e baroccheggiante. Il suo centro storico regala bellissimi e suggestivi scorci, in stile tardo barocco, e le sue strade si intersecano sul modello romano di cardini e decumani. Cerreto viene anche chiamata la Piccola Torino, perché il suo schema interno è fortemente somigliante al centro storico del capoluogo piemontese, come notò un funzionario borbonico che le fece visita nel 1842.









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