Immagini dal Sannio: le Mainarde, spettacolare profilo orografico molisano

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Panorama dalla catena delle Mainarde, foto di copertina di Pierluigi Giorgio

Bellezza e meraviglia destano le Mainarde, a cominciare dal paesaggio tutto intorno fino alle cime che innalzano in cielo, evocando pace e silenzio, segno indiscutibile di un fascino senza tempo e di quanto la natura possa sorprendere sempre di più chi ne fa visita e la contempla, rispettandola e amandola. E infatti, solo chi ama la natura può immergersi con serietà e passione in tali paesaggi incontaminati, sapendo di poter incontrare qua e là timidi camosci, o di scovare tane di orsi, o ancora potersi imbattere in tracce di lupi. Chi ama la montagna non teme il bramito dei cervi in amore e insegue con la vista la scia diramata da aquile reali e falchi pellegrini e ancora coturnici in volo. Passeggiare tra le bellissime radure della spettacolare catena montuosa, profilo orografico della piccola regione molisana, vuol dire aprire cuore e vista a distese vallate che lasciano senza fiato, costellate di piccoli borghi e castelli arroccati. Un paesaggio estremamente suggestivo in qualsiasi stagione dell’anno, quello delle protagoniste assolute della bellezza molisana che va a finire nello spettacolare scenario del Parco Nazionale d’Abruzzo.

La catena montuosa dei Monti della Meta, che prendono il nome dalla loro cima più alta, si estende lungo il confine tra Molise e Lazio, con prevalenza nella regione Pentra. È una barriera naturale molto rocciosa e dall’aspetto aspro e selvaggio, quasi ostico a vederlo, ma dal gran cuore, che si innalza bruscamente con pareti e strapiombi. È qui che si trovano le vette più elevate del Molise, con il monte Mare, di 2.124 metri, e la Metuccia, di 2.105 metri, che superano entrambe in altezza la vetta del monte Miletto, di 2.050 metri, la cima più alta del massiccio del Matese. Altri monti di rilevante importanza sono il monte Ferruccia, a quota 2.000, il monte Marrone, a 1.805 metri sul livello del mare, e il monte Piana, con un’altitudine di 1.200 metri.

La catena delle Mainarde, invece, dal massiccio del Matese viene separata dal corso del fiume Volturno, che sfocia nel Tirreno. Vi sono presenti vistose tracce di glacialismo quaternario e nelle sue valli sorgono copiosamente le acque dei fiumi Melfa e Mollarino in provincia di Frosinone e del Rio Torto in provincia dell’Aquila. Le Mainarde rappresentano i rilievi più bassi del massiccio. Qui, in passato, la presenza dell’uomo era più stabile: erano diverse le abitazioni e le coltivazioni, grazie al clima meno rigido. Non si può definire un confine geologico preciso tra le due catene montuose: sicuramente possiamo affermare che le Mainarde non rientrano nel territorio regionale abruzzese, tanto che vengono ritenute molisane al 100%. Il panorama che le caratterizza è di unica bellezza, dal fascino inconfondibile, grazie alle sue caratteristiche naturali, alle cime immacolate, al silenzio che urla nella valle, ai luoghi integri, naturali, incontaminati, privi di qualsiasi segno di sviluppo tecnologico, come se il tempo fosse fermo, come se respirasse ai limiti dell’esistenza, come un funambolo che resta in equilibrio su un’immensità rincuorante.

Uno scenario incantevole e che rapisce in ogni stagione, denso di storia, di gioielli naturalistici, di silenzi interrotti solo dal passaggio di torrenti e di piccoli borghi che sono testimonianze di antiche culture al passo con i tempi moderni. E quante foreste secolari, immense, suggestive, che sanno illuminarsi come per magia grazie allo spettacolo che la neve regala loro. Uno dei punti più panoramici è certamente quello che è possibile ammirare da monte Marrone, che con i suoi 1.805 metri offre una vista sulla valle del Volturno di una bellezza straordinaria, unica, mozzafiato. Il lago di Castel San Vincenzo è una delle più belle testimonianze di questa zona, una macchia azzurra che spicca nel verde, le cui acque provengono principalmente dai torrenti della Montagna Spaccata nei vicini comuni di Alfedena e Barrea. Un lago di origine artificiale che però perfettamente si armonizza nel contesto naturalistico territoriale. E poi le sorgenti del Volturno e la storica abbazia di San Vincenzo al Volturno, e Colli al Volturno, la piccola Parigi, e Rocchetta al Volturno, e Cerro al Volturno. Non è possibile nominare, in sole due righe, tutta la bellezza che vi si ritrova.

Il camoscio d'Abruzzo durante la fase di muta dal mantello invernale a quello estivo, foto di Fabrizio Di Meo

In questa landa senza tempo e senza aggettivi che lo possano davvero descrivere, sono state censite 700 specie floristiche e 120 faunistiche. Nella parte più alta della catena troviamo vaste faggete e aree con aceri di diverso tipo, che si alternano a pioppi, convivendo fraternamente. Più si scende e più ci si imbatte in boschi di cerro, pieni di aceri campestri e biancospini. Lì dove la luce del sole è più forte crescono la roverella, il carpino nero e il nocciolo, e la mitezza del clima dà la possibilità di crescita a specie come il leccio. Il re, protagonista incontrastato del maestoso scenario montuoso, è di certo l’orso bruno marsicano, solitario e vagabondo, vicino al quale vive il lupo, spesso segnalato in branchi di dodici-quindici unità, in continuo movimento e a caccia di prede. Le Mainarde offrono un habitat ideale anche per il camoscio d’Abruzzo, per il cervo e il capriolo.
Oggi è ricomparso e divenuto molto presente anche il cinghiale, che purtroppo provoca seri danni agli agricoltori del posto. Presenti anche l’aquila reale, il nibbio, il nibbio reale e il falco pellegrino, oltre ai rettili come la rara vipera dell’Orsini o anfibi come la salamandrina dagli occhiali, presente anche nel vicino parco del WWF di Guardiaregia. Si può esprimere con certezza che un tempo le Mainarde ospitassero anche la misteriosa lince, oggi purtroppo scomparsa: uno degli ultimi esemplari pare sia stato abbattuto intorno al 1968 da un cacciatore. Per la regione molisana, don Giuseppe d’Alessandro, duca di Pescolanciano, già nel 1723 ricordava che “nei luoghi più rigidi e boscosi di questo regno vi sono rari lupi cervieri [nome tradizionale della lince] che… son di grossezza per due volte un grosso gatto”. L’idea di estendere il Parco Nazionale d’Abruzzo anche al comprensorio delle Mainarde risale al 25 novembre 1921.









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