Il carattere demoniaco delle maschere di Carnevale

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La parola maschera viene da masca che significava morto, ma era anche una strega di origine infernale. Le maschere sono all’origine dei demoni che danzano, cantano, beffeggiano, frustano chiunque incontrino.

Arlecchino era un diavolo, anzi il capo di una masnada di diavoli, il suo nome in francese, Hallequin, deriva da Holle= Inferno; Dante nella quinta bolgia dell’Inferno presenta il diavolo Alichino nella duplice veste di demonio e buffone. La maschera di Arlecchino è nera di origini demoniache come quella di Pulcinella; il nome Pulcinella nasce dalla voce stridula che ricorda il verso del pulcino. Le prime tracce di Pulcinella sono nelle storie dell’Italia settentrionale. In seguito la maschera si è localizzata nel napoletano divenendone il personaggio più rappresentativo della tradizione popolare finendo per avere attribuita anche una città di nascita: Acerra.

L’allegoria demoniaca è presente anche nella maschera siciliana di Lu cifru (Lucifero); in tutta l’Italia meridionale si conosce la figura del mazzamuriello, uno spirito folletto particolarmente dispettoso. Lo spirito grottesco e persecutorio appare in molte maschere tradizionali: in Sardegna i Maimones o  Mamuthones sono, assieme agli  Issicadores o Issohadores, maschere tipiche del carnevale. Portano 16 kg di campanacci in spalla e li suonano tutti allo stesso tempo e allo stesso modo, saltando prima verso destra e poi verso sinistra. Gli Issicadores, armati di soca (una lunga fune), prendono a laccio i passanti.

In provincia di Udine i Krampus, mostruosi uomini-caproni che richiamano l’origine demoniaca, sono individui mezzo uomo e mezzo animale, vestiti con pelli di capra o di pecora o con abiti vecchi e consunti, incitati dalla folla. I Krampus si esibiscono in capriole e inseguimenti, finte risse e frustate ai malcapitati passanti. Mamuthones e Krampus si somigliano. Gli studiosi ritengono che le loro maschere siano proprie della tradizione pastorale e il rito nasca come gesto di venerazione per gli animali, per proteggersi dagli spiriti del male o per propiziare il raccolto.

La commedia dell’arte ha contribuito molto ad identificare una maschera particolare come originaria di un posto. Così Arlecchino è bergamasco ma anche Zani viene dalle valli bergamasche, Pantalone è tipicamente bolognese, Gianduia è torinese e il suo nome ha dato origine ai gianduiotti. Benedetto Croce attribuiva alla Commedia dell’Arte la diffusione e la conoscenza delle maschere in tutta Italia e all’estero con tutte le loro tipicità, ma anche la nascita dei pregiudizi verso le popolazioni che essi rappresentavano. Così Pulcinella, servile, ardito, vigliacco, cretino, furbo, affamato, imbroglione,  finiva la comoda lettura per facili razzismi contro i napoletani e i meridionali in generale.









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