I taralli di San Lorenzello e la ‘nzerta, vera eccellenza della gastronomia titernina

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La ‘nzerta, foto di Alessio Verna

Le delizie salate che propongo oggi rappresentano il connubio perfetto delle tipicità del territorio del Titerno: il rinomato olio extravergine di oliva, frutto di ulivi secolari ed eccellenza del territorio, e gli ingredienti semplici e genuini che non mancano mai in nessuna dispensa. I taralli di San Lorenzello sono cultura, tradizione, quella tramandata da antiche generazioni e sapientemente portata avanti dagli artigiani locali. Si tratta di veri e propri lussi gastronomici che almeno una volta dobbiamo acquistare e degustare.

Farina di grano tenero, lievito, olio extravergine d’oliva, sale, pepe e semi di finocchio: questi gli ingredienti semplici, sani, genuini che fanno del tarallo un’eccellenza gastronomica sannita.

Il tarallo è un biscotto salato che nacque con uno scopo ben preciso: far fronte alla fame che colpiva le persone più povere del ‘400. Se ne preparavano tanti per avere sempre un prodotto genuino a portata di mano, a mo’ di biscotto o pane conservato, da mangiare assoluto o da gustare in insalate fresche. Un cibo dei poveri, potremmo dire, un passpartout per ogni genere di pasto… e di fame.

Se è vero che il tarallo è prodotto con l’olio d’oliva delle terre titernine, è altrettanto vero che il Sannio è la provincia regina per la produzione vitivinicola: quale abbinamento migliore di quello fra taralli e un bicchiere di vinello rosso? Da degustare assoluto, avanti a un camino scoppiettante o come aperitivo, con salumi e e formaggi, in perfetta sintonia con un buon bicchiere di Falanghina? E che dire di qualche tarallo spezzettato, a mo’ di fresella, in una buona insalata di pomodori, o sotto forma di panzanella, come la tradizionale ricetta telesina che lo vuole bagnato con acqua sulfurea? E a proposito della cittadina termale di Telese, non si dimentichi la tradizione del tarallo laurentino tuffato in un fresco bicchiere di acqua sulfurea e poi degustato. Un rito che affonda le sue radici al periodo della Belle Epoque, quando sul treno dei bagnanti che da Napoli arrivava a Telese saliva una venditrice di taralli che vendeva raccontando che il biscotto inzuppato di acqua sulfurea ne amplificasse le proprietà benefiche.

A San Lorenzello sono diversi i tarallifici, biscottifici artigianali che preparano e vendono quello che nel dialetto locale viene chiamato m’scuott. E ancora oggi, i taralli vengono preparati come si faceva un tempo: grano tenero per assorbire bene l’acqua, le farine migliori macinate su pietra di tipo “1”. Il lievito deve essere ricavato dalla pasta madre, acqua tiepida, fra i 20 e i 30 gradi, salata prima di essere versata, olio esclusivamente locale (su questo non si transige!), che li rende croccanti e friabili, e quel tocco in più, i semi di finocchietto selvatico. E poi, la lavorazione lenta, un impasto denso di esperienza, fino a formare dei bastoncini della lunghezza di circa 15 centimetri da intrecciare fra loro. E dopo la lenta lavorazione, la lenta lievitazione.

I taralli ancora crudi per qualche secondo affondano e risalgono nell’acqua bollente, finché entrano in forno, rigorosamente a legna. Una doppia cottura, dunque, in acqua e al calore del forno, motivo per cui li chiamiamo bis-cotto, ossia cotto due volte. Se non volete acquistare la classica busta di taralli e volete un souvenir alternativo, nessun problema: la famosa ‘nzerta è ciò che fa per voi. Si tratta di una collana di taralli, una sorta di ghirlanda preparata dalle abili e abituate mani degli artigiani gastronomici del luogo.









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