Immagini dal Sannio: il Lete, fiume dell’oblio nella Valle del Volturno

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo
Prata Sannita, ponte sul fiume Lete. Foto di copertina di Augusto Giammatteo

Il viaggio di questo lunedì vi porta alla scoperta di uno dei siti più affascinanti al confine tra Campania e Molise, nella Valle del Volturno, dove si trova l’imponente Massiccio del Matese, con i suoi borghi ricchi di storia e incantevoli scorci che danno vita a un suggestivo scenario naturalistico. Qui l’acqua abbonda e tra splendidi laghi montani e limpidi corsi d’acqua, tra meravigliosi salti e affascinanti grotte, il Parco del Matese regala itinerari estremamente interessanti e suggestivi che proprio nell’acqua hanno il loro filo conduttore. Il fiume protagonista è il Lete, lungo 20 km, nato per un fenomeno carsico nel comune di Letino, nella Pianura delle Secine, in una piccola polla d’acqua ai piedi del Monte Janara, a un’altitudine di 1.028 m,s.l.m., con una temperatura di 8 °C, che viene identificata come la sorgente “più a monte”, alla quale, lungo il primi metri, si uniscono altre sorgenti d’acqua, complessivamente 57. Il fiume attraversa i comuni di Prata Sannita, Pratella e Ailano e affluisce nel Volturno, nei pressi di Ailano. Anticamente chiamato Ete, secondo una tradizione romantica, il Lete prende il nome da una principessa longobarda di nome Letizia che, bagnandosi nel fiume, trovava ristoro nella “dimenticanza” delle sue pene d’amore. 

Il termine Lete deriva dal greco λανθάνω (lanthano) e vuol dire “sono nascosto, dimenticare”. E infatti, la mitologia greca e romana e la letteratura ci insegnano che il Lete è il fiume dell’oblio. È presente nel X libro della Repubblica di Platone, dove viene narrato il mito di Er, disceso nell’oltretomba per conoscere i misteri della reincarnazione delle anime. La raccomandazione agli iniziati giunti nell’aldilà e che si apprestano a cominciare una nuova vita, è di bere poca di quell’acqua perché berne troppa porterebbe all’oblio. Far tesoro del proprio passato, invece, porterebbe a conseguire un superiore livello di saggezza. Di certo, la più famosa opera in cui il Lete è presente è l’Eneide di Virgilio, nel libro VI, dove le anime dei Campi Elisi vi si tuffano per potersi reincarnare e per dimenticare le vite passate. Gli spiriti dovevano cercarsi un altro corpo dopo aver bevuto l’acqua del fiume. Dante Alighieri cita il Lete nel Purgatorio: lo immagina come una sorta di “inferno provvisorio”, situato nel Paradiso Terrestre, sul monte Purgatorio, con le anime che vi si lavano prima di salire in Paradiso, dimenticando così le proprie colpe terrene. Dante, però, non conosceva molto bene il greco, né la funzione degli accenti di tale lingua, per cui lo chiamava Leté. Se ne parla anche nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e ha un ruolo decisamente importante all’interno del Faust di Goethe e nelle poesie di Baudelaire. Ovviamente il Lete del Matese riprende solo il nome di questo fiume leggendario.

Agli inizi del 1907, la Società Meridionale di Elettricità con sede a Napoli ordinò la costruzione di una diga di sbarramento del fiume a Letino, formando un lago che serviva ad alimentare la Centrale Idroelettrica di Prata Sannita. Prima che fosse costruita la diga, il fiume Lete s’insinuava nell’inghiottitoio del Caùto, per circa 500 metri, formando delle grotte carsiche ricche di stalattiti e stalagmiti, per poi riaffiorare nella valle di Prata Sannita nei pressi del castello medievale dei Pandone. Ė un fiume dalla bellezza tutta particolare, che dà vita a una folta vegetazione, pozzi d’acqua, piccoli canyon, dislivelli e cascatelle che precipitano verso la Valle del Volturno. Le sue acque sono sempre fresche e, dato l’elevato tasso di ossigeno, nei due laghi artificiali formati dal fiume, ma anche nel corso del fiume stesso, si trovano numerose trote (la stessa quantità riscontrabile nel Volturno), anguille, gamberi di fiume, carpe, tinche. Un tempo vi era un gran numero dei caratteristici crostacei dal guscio bianco senza occhi, la cui sopravvivenza è oggi minacciata su tutto il territorio nazionale: si tratta di organismi che sono estremamente sensibili a ogni forma di inquinamento, testimoni della qualità delle acque che li ospita. Molto ricca la biodiversità nelle arre attorno al Lete: tanti gli insetti e, specie nei periodi estivi, sono presenti numerosi uccelli acquatici, come marzaiole, germani reali, folaghe.

Pratella, fontana di acqua ferrata. Foto tratta da matese.guideslow.it

Il nome del fiume è certamente noto ai più a livello nazionale e non solo. Il fiume Lete, infatti, dà origine alla famosissima acqua Lete imbottigliata e presente sulla maggior parte delle tavole italiane e del mondo. Nel comune di Pratella si trova lo stabilimento di imbottigliamento dell’acqua. Già dall’Ottocento, essa veniva raccolta dalla sorgente in anfore di terracotta e trasportata su carri di legno in tutta la regione Campania. Agli inizi del XX secolo, l’acqua ottenne i primi riconoscimenti a livello internazionale e ben presto, dalla produzione artigianale, si passò ai primi impianti di imbottigliamento. È considerata una delle migliori acque oligominerali d’Italia, per la ricchezza di sali minerali, come calcio e magnesio, per il basso contenuto di sodio e per le sue proprietà benefiche che la rendono un ottimo coadiuvante dei processi digestivi. Chi si reca in visita nel bel borgo di Pratella, in provincia di Caserta, può sorseggiarla attingendola direttamente da una delle diverse fontane pubbliche presenti nel paese, apprezzandone le caratteristiche sfumature “ferrate” e la stuzzicante effervescenza naturale. Un’acqua che è degna accompagnatrice delle tante eccellenze e bontà gastronomiche della zona: le prelibate castagne autunnali di Pratella, le specialità a base di cipolla alifana, o i saporiti fagioli di San Gregorio Matese, Letino, Gallo Matese, fino al sorprendente Lupinone di Vairano, il lupino gigante presidio Slow Food.









Print Friendly, PDF & Email