Immagini dal Sannio: San Salvatore Telesino e la suggestiva abbazia medievale

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Interni dell’abbazia del SS. Salvatore, foto di copertina di Raffaella Formato

Oggi andiamo a conoscere San Salvatore Telesino, piccolo paese del Sannio beneventano immerso in spazi verdi e grandi distese di campagna, tra aree boschive, vigneti, uliveti e numerose sorgenti d’acqua. Originariamente San Salvatore Telesino corrispondeva all’antica Telesia Sannitica e alla Telese nota come colonia romana di cui fece menzione lo storico Tito Livio, i cui resti sono oggi visibili in un parco archeologico, lungo la Piana Vagnara, che conserva, appunto, le antiche rovine della città. È qui che si può ammirare il circuito delle mura perimetrali in opus reticolatum, ove si aprivano le quattro porte principali di accesso alla cittadina, più alcune secondarie, sull’antica Via Latina che univa Telesia a Beneventum, le torri difensive di forma cilindrica e i resti di una basilica paleocristiana con monumento funerario. Inoltre qui è presente ciò che resta di un antico edificio termale, peculiarità del territorio sin dai tempi più remoti. E ancora i resti del teatro, dell’acquedotto e dell’anfiteatro, di cui si possono ancora riconoscere cavea e gradinate, nel quale era possibile assistere a spettacoli di gladiatori e naumachie.

Il primitivo borgo di San Salvatore Telesino, col nome di Casale di San Salvatore, testimonianza della sua dipendenza monastica, ebbe origine e si sviluppò a partire dal X secolo, sotto la dominazione longobarda, intorno all’abbazia. Un documento del 1078 già dava notizia dell’esistenza di un monastero benedettino annesso a questa. San Salvatore Telesino fu sede vescovile e negli anni raggiunse notevoli picchi di splendore. Dopo un disastroso terremoto, nel periodo altomedievale si ebbe un decadimento del borgo. Intorno al XVI secolo il piccolo casale di San Salvatore Telesino fu sottratto al controllo abbaziale, e passò in possesso degli Aragonesi, della famiglia Gaetani, dei Sanframondo e dei Carafa, che ne amministrarono le rendite fino alla fine della feudalità. Proprio per volere dei Sanframondo, su di un colle che sovrasta l’abitato fu costruita, nel XIII secolo, la Rocca, di cui oggi sono visibili i ruderi, in una posizione strategica sulla Valle Telesina (stessa strategia usata con il castello di Guardia, a vedetta della valle). A seguito dell’abbandono di Telesia da parte dei vescovi, la Rocca ospitò per alcuni decenni la curia tanto da essere chiamata Rocca De Episcopio nel XV secolo. Si tratta di un fortilizio con pianta quadrangolare, quattro torri cilindriche angolari, purtroppo oggi in stato di abbandono. Durante il Medioevo attorno alla Rocca si formò un agglomerato urbano dal nome di Massa Superiore per contraddistinguerlo da quello di Massa Inferiore, poi Massa di Faicchio.

Il piccolo paese della Valle Telesina è solcato da un singolare corso d’acqua, il Rio Grassano,  che in parte percorre anche la vicina Telese Terme. Il fiume, dopo un lungo percorso sotterraneo, emerge in superficie creando un suggestivo e ameno sito naturalistico, il Parco del Grassano, con una superficie di circa 120mila mq, attraversato dal fiume nella completa lunghezza. Le sorgenti che costituiscono il Rio Grassano sono alimentate dalle acque sotterranee del settore orientale del Matese. Un luogo paradisiaco, dalla rara bellezza per gli occhi e per i sensi, che offre la possibilità di effettuare gite in canoe o in kayak lungo il fiume, in uno spettacolare gioco di colori e suoni che la natura circostante offre. Acque fresche, limpide e trasparenti, tanto da poterne ammirare il fondale, con le sue policromie, grazie agli alberi che vi si rispecchiano e alla presenza di varie erbe acquatiche. Il Parco del Grassano è l’habitat ideale per diverse specie di uccelli acquatici.

Scorcio del Parco naturalistico del Grassano, foto di Raffaele Urraro

La cittadina chiesa di Santa Maria dell’Assunta è di origine quattrocentesca, anche se l’edificio che attualmente vediamo ha subito un rifacimento nel Settecento. Essa ha una facciata con un portale architravato sopra il quale è posizionato un ampio pannello maiolicato raffigurante la Santa Vergine. L’abbazia del SS. Salvatore, a tre navate, conserva nel suo interno l’originaria cripta e una pittura parietale raffigurante Santa Scolastica databile intorno al Cinquecento. Accanto alla chiesa sono visibili i ruderi dell’antico monastero benedettino. Il primo abate di cui si ha notizia è un certo Leopoldo, citato nel 1075. Nel 1098 l’abate Giovanni ricevette Sant’Anselmo d’Aosta che secondo alcuni storici vi terminò di scrivere l’opera dal titolo Cur Deus homo. Dal 1127 al 1143 fu abate Alessandro Telesino, un uomo dalla vasta cultura e abilità politica che fece vivere al complesso religioso il suo periodo di massimo splendore. Nel 1343 l’abate Vito dovette domare una ribellione degli abitanti del feudo di Castel Campagnano, rifiutatisi di versare il censo all’abbazia. Alla fine del XV secolo iniziò il lungo periodo di decadenza. A seguito del terremoto del 5 giugno 1688 il vescovo Giovanni Battista de Bellis annotava che il sisma avesse completato l’opera di distruzione già cominciata dalla incuria dell’uomo. Nel 1806 l’abbazia fu venduta ad alcuni privati e fu adibita anche a mulino, mentre nel 1994 la chiesa fu acquistata dal Comune che l’ha restaurata e ne ha ricostruito il tetto delle navate, crollato nel corso dei secoli. Nell’abbazia benedettina del Santo Salvatore dal 2010 è ubicato il Museo Civico Archeologico di Telesia, nel quale sono conservati oggetti quotidiani, suppellettili, ornamenti preziosi, gioielli, statue, vasellame e attrezzi da lavoro, databili tra IV sec a.C. e V sec. d.C., riportati alla luce nel corso degli scavi effettuati nell’area archeologica dell’antica Telesia. All’interno del complesso troviamo anche il pozzo di Sant’Anselmo che, secondo la tradizione, fu scavato in un luogo indicato dal Santo durante la sua permanenza a San Salvatore.

Come altre architetture simili medievali, l’abbazia sorge sui ruderi di un insediamento romano o, ipoteticamente, di una villa romana, come testimoniato dal ritrovamento di un mosaico durante gli scavi curati dalla Sovrintendenza Archeologica di Salerno nel 1991. Annesso al complesso abbaziale è un oratorio attualmente in stato di abbandono. Molto probabilmente, nel piccolo luogo sacro era ospitata una confraternita, come lascia intuire lo stemma in pietra incastonato nella facciata raffigurante una stretta di mano, tre stelle e due spade incrociate. Nell’architrave del portale c’è la scritta “SALVATORI.MVNDI”.









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