Accadde oggi: 12 marzo 1863, nasce il “Vate” Gabriele D’Annunzio

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Gabriele D’Annunzio, scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. Fu soprannominato, allo stesso modo di Giosuè Carducci, il Vate, cioè “poeta sacro, profeta”, fu cantore dell’Italia umbertina, e occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito “eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana” e lasciò un segno nella sua epoca, influenzando gli eventi che gli sarebbero succeduti.

D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da una famiglia borghese benestante. Terzo di cinque figli, visse un’infanzia felice, distinguendosi per intelligenza, vivacità, sensibilità. Dopo aver concluso gli studi liceali, giunto a Roma, si iscrisse alla Facoltà di Lettere anche se non portò mai termine gli studi. Gli anni 1881-1891 furono decisivi per la formazione di D’Annunzio, periodo in cui cominciò a forgiarsi il suo stile raffinato e comunicativo, nucleo centrale della sua poetica. Tra il 1891 e il 1893 D’Annunzio visse a Napoli, ove cominciò una relazione epistolare con la celebre attrice Eleonora Duse, conosciuta nel 1894 e con cui subito scattò l’amore. La relazione si incrinò dieci anni dopo e nel 1910 D’Annunzio si trasferì in Francia, vivendo prima a Parigi e in seguito ad Arcachon, sulla costa Atlantica, dove si dedicò all’attività letteraria in collaborazione con musicisti di successo. Tornato in Italia, nel settembre 1919, insieme a un gruppo paramilitare, guidò una spedizione di “legionari”, partiti da Ronchi di Monfalcone per l’occupazione della città di Fiume. Nel febbraio 1921 si ritirò in un’esistenza solitaria nella villa di Cargnacco, nel comune di Gardone Riviera, che pochi mesi più tardi acquistò. Morì l’1 marzo 1938, nella sua villa per un’emorragia cerebrale, mentre era al suo tavolo da lavoro. Sul suo scrittoio era aperto il Lunario Barbanera con una frase da lui sottolineata di rosso, che annunciava la morte di una personalità.

Per alcuni versi il politicizzato D’Annunzio aveva delle idee piuttosto attuali e all’avanguardia: la Carta del Carnaro, scritta dopo la presa di Fiume, è una costituzione provvisoria che prevedeva moltii diritti per i lavoratori, pensioni di invalidità, l’habeas corpus, il suffragio universale maschile e femminile, la libertà di opinione, di religione e di orientamento sessuale, la depenalizzazione dell’omosessualità, del nudismo e dell’uso di droga, la funzione sociale della proprietà privata, il corporativismo, le autonomie locali e il risarcimento degli errori giudiziari. D’Annunzio era un esteta e narcisista, e fu uno dei re della letteratura ottocentesca, che aveva la capacità di assimilare e rielaborare, in modo del tutto personale, le suggestioni e gli stimoli più svariati, che captava in ciò che aveva intorno e che provenivano sia dalla storia e dalla mitologia sia dalle correnti letterarie e filosofiche contemporanee. Aveva un’indiscutibile visione vitalistica e sensuale della realtà di matrice classicheggiante e classica. Indiscutibile è anche l’elaborazione di un linguaggio in cui splendore e preziosità suggestionano e seducono chi legge, esso stesso parte integrante di un mondo poetico espresso da una sensibilità squisita e raffinata.









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