Immagini dal Sannio: le tradizioni di Roccavivara e il santuario di Santa Maria del Canneto

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Il santuario, foto di copertina di Jarod961

Oggi andiamo a spasso in un piccolissimo borgo del Sannio Pentro, in provincia di Campobasso, con circa 700 abitanti che gli danno vita. Le origini del toponimo di Roccavivara hanno due ipotesi: la prima vuole che derivi da Rocca Bonnarii, riferendosi a un certo Bonnario, suo fondatore; la seconda, invece vuole che il nome provenga da Rocca di Vivara, riferendosi alla contrada di Vivara tuttora esistente e confinante con il paese. Il piccolo borgo rurale del Molise è testimonianza della presenza di centri abitati all’epoca di Roma repubblicana e imperiale. Le fonti ci raccontano che nel 1268 era feudatario Gualtiero di Vollers; a costui seguì Bertrando Cantelmo, la cui discendenza tenne il dominio fino al 1442. Successivamente il potere passò ai Sangro, ai Carafa e ai Coppola fino all’abolizione della feudalità. Un luogo che vive della memoria storica delle sue radici e di tradizioni che hanno il sapore genuino e antico della vita rurale dei tempi andati e, perché no, anche di quelli attuali.

Una delle più sentite e vive tradizioni storiche è certamente la festa di San Giuseppe che ricorre due volte l’anno. Le famiglie invitano a i loro ospiti a due pranzi nel corso dell’anno. Uno si tiene il 19 marzo, con un prelibato banchetto a base di baccalà e cereali, e un altro il 1 maggio, giorno in cui si festeggia San Giuseppe Lavoratore, con un pranzo e a base di carne. Gli ospiti, però, non sono a caso: si tratta di tre persone che rappresentano i tre membri della Sacra Famiglia. Ogni volta, il pranzo viene preceduto dalla benedizione del pane che viene poi consumato dalle famiglie. Un’altra storica tradizione di Roccavivara è quella delle Traglie di Sant’Emidio: si tratta di una sfilata di carri trascinati da buoi e altri animali ornati con grano, che il popolo dona al santo. E degni di nota sono il tradizionale Gallo di San Rocco e Le Sagne de la Madonna. Eppure Roccavivara è soprattutto conosciuta per un gioiello architettonico e sacro dal pregevole valore storico-artistico: la chiesa di Santa Maria in Canneto.

La vera denominazione del santuario è Madonna del Sorriso e si trova in località Canneto, un ambiente davvero unico e suggestivo sulla Fondovalle del Trigno, circondato da una meravigliosa distesa di pini. Un primo luogo cultuale fu edificato dopo il Concilio di Efeso, nel 431 d.C, ma la chiesa attuale risale ai secoli XI-XII, anche se le origini del culto sono certamente molto più antiche. A Canneto, come risulta dagli scavi archeologici effettuati che hanno portato alla luce una sontuosa villa romana, sin dall’epoca romana era presente un centro abitato. La chiesa fu edificata inizialmente dai Benedettini della vicina San Vincenzo al Volturno, e successivamente da quelli di Montecassino, ai quali si deve anche il monastero. Il primo documento storico dell’attuale santuario risale all’anno 703, presente nel Chronicon Volturnense. I monaci benedettini rimasero a Canneto fino al 1474, ma piano piano la chiesa andò incontro a un degrado sempre più evidente, fino al 1935 quando un sacerdote, don Dulio Lemme, insieme all’opera di risanamento del popolo riuscì a riaprirla al culto dopo un lavoro durato cinque anni. Importanti opere di restauro della chiesa sono state realizzate sotto la sorveglianza della Soprintendenza ai Beni Culturali del Molise, mentre altre migliorie estetiche, all’interno e all’esterno della sacra struttura, tra i quali il trittico, il Coro, i Misteri del Rosario, sono state realizzate dalla Diocesi di Trivento.

La tradizionale sfilata delle traglie, foto di Fiore Silvestro Barbato

La chiesa presenta una facciata molto semplice, con un portale romanico. Nei muri esterni sono inserite iscrizioni varie di epoca romana e medievale. L’interno è austero, con tre navate, divise da pilastri e da colonne, con qualche interessante capitello. Dietro l’altare maggiore si trova l’icona in stile gotico della Madonna di Canneto, risalente al XIV secolo. Denominata Vergine del Sorriso, la sua figura trasmette serenità e pace, amore assoluto da parte di chi le dedica ogni forma di devozione. Alla base dell’altare maggiore si nota un bassorilievo del X secolo che raffigura l’Ultima Cena. In fondo alla navata di sinistra si trova un crocifisso ligneo di arte popolare del XV secolo, risalente con ogni probabilità al 1400. Nell’abside di destra vi è un moderno e artistico tabernacolo del 1994, opera dello scultore Gino Legnaghi dell’Accademia di Brera. Sul lato destro del santuario si leva in aria una possente e merlata torre campanaria, a base quadrata, ultimata nel 1329 a opera dell’abate Nicola. L’elegante sacra struttura è meta di numerosi pellegrinaggi, specie nel periodo da maggio a ottobre: viene interessato da numerose visite individuali e familiari, specie nel periodo di Pasqua, nel giorno dell’Assunta e l’8 settembre, giorno in cui ricorre la festa della Natività della Vergine.









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