Accadde oggi: 30 agosto 1918, l’attentato a Vladimir Lenin

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Il 30 agosto 1918 il leader della Rivoluzione Vladimir Lenin tenne un discorso nella fabbrica la Falce e il Martello di Mosca. Terminato il suo intervento, mentre faceva ritorno alla sua auto, fu colpito da tre colpi di pistola che lo ferirono gravemente. Una donna dal fare sospetto venne subito notata nella folla, e fu subito accusata di essere l’autrice del gesto violento. Era Fanya Kaplan, 28 anni, membro del Partito Socialista Rivoluzionario (PSR). Quando fu arrestata, dichiarò: “Il mio nome è Fanya Kaplan. Oggi ho sparato a Lenin. L’ho fatto da sola di mia propria iniziativa. Non rivelerò chi mi ha procurato la pistola. Non darò nessun dettaglio. Decisi di uccidere Lenin molto tempo fa. Lo considero un traditore della rivoluzione. Fui esiliata ad Akatui per aver partecipato a un attentato contro un ufficiale zarista a Kiev. Ho passato 11 anni in un duro campo di lavoro. Dopo la rivoluzione, fui liberata. Ero favorevole all’Assemblea Costituente e lo sono ancora adesso”.

Da quell’episodio ebbe inizio il Terrore rosso, una campagna di arresti di massa, deportazioni ed esecuzioni indirizzate verso i controrivoluzionari durante la Guerra civile russa. I bolscevichi cominciarono a temere che altri tentativi di assassinio, e diversi atti di sabotaggio, sarebbero seguiti presto. Decisero, quindi, di rispondere con una forza soverchiante, sia come rappresaglia per i fatti del 30 agosto, che come deterrente per tentativi similari. Le vittime, nell’autunno del 1918, superarono le 10mila. La maggior parte degli storici calcola in oltre 200mila i contadini fucilati fra il 1918 e il 1923, a cui dovrebbero essere aggiunti mezzo milione di cosacchi uccisi o deportati. Per estensione, il termine Terrore rosso cominciò a indicare qualsiasi atto di violenza compiuto da gruppi comunisti o a essi affiliati, in periodi di guerra civile o altro conflitto armato. Fanny Kaplan fu fucilata dentro al Cremlino, poco tempo dopo l’attentato, anche se fonti mai confermate sostengono sia stata uccisa subito in carcere e poi processata e condannata in seguito.









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